VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
23,1:Non mi abbandonare alle suggestioni delle mie labbra. Questo versetto pende dall'ultimo del capo precedente, e il relativo eorum lega colle parole di detto versetto, alle mie labbra. Dice adunque: Signore, Dio, padre e autore del mio essere e della mia vita, tu, dominatore dell'universo, domina tu, e reggi e governa le mie labbra e la mia lingua, la quale senza di te sarebbe una università di peccati, Jacob. III. 6., e non mi abbandona re alla intemperanza di essa, e non permettere, che il tuo dono divenga mia perdizione.
23,2-3:Chi adoprerà su' miei pensieri la sferza, ec. Dopo aver domandato a Dio, che governi e affreni la sua lingua, domanda, che sieno governati da lui i pensieri e gli affetti del cuore mediante la sferza, cioè le correzioni e la disciplina santa della sapienza, e questa sferza non risparmi gli errori de' pensieri stessi e del cuore, affinchè dagli uni e dall'altro non germoglino di continuo nuovi peccati, e crescano a dismisura, onde caduto miseramente per terra non divenga argomento di riso e di scherno pe' cattivi uomini, che godono del male e delle cadute de' giusti, e argomento di riso e di scherno pel gran nimico comune, il Demonio.
23,4:Non mi abbandonare al pensiero di que' peccati. Il relativo illorum sembra doversi riferire alla voce delicta del versetto precedente, come abbiamo espresso nella versione. Chiede adunque che Dio non permetta, che i pensieri di superbia, di lussuria ec. si fermino nella sua mente, ma dia a lui grazia per reprimergli e discacciargli, affine di non peccare o colla dilettazione, od anche colla esterna opera.
23,5:Non dare a me l'altura degli occhi. La superbia si manifesta particolarmente nello sguardo altiero e fastoso; perciò è detta altura degli occhi. Dio non può dare ad un uomo questa altura degli occhi, nè verun altro vizio o difetto, perch'ei non è nè può essere autore del mal morale, cioè del peccato: ma egli può, in pena di sua ingratitudine, permettere che l'uomo soccomba alla tentazione di superbia, di lussuria ec., e questo è significato con questa frase Ebrea: non dare a me ec., cioè: non permettere, ch'io abbia ec. Vedi quello, che si è detto Exod. VII. 3. Rom. I. 24.
23,6:Le intemperanze del ventre. Sono i desideri della gola.
Di un'anima invereconda, ec. Non permettere, che la invereconda e stolta concupiscenza mia mi tiranneggi. La voce infrunitus viene dal Greco, ma si trova anche ne' profani autori Latini.
23,7:Non inciamperà in opere malvage. Ne' peccati gravissimi della lingua, come sono i giuramenti falsi, le calunnie, le bestemmie ec.
23,8:Nella sua stoltezza riman preso ec. Col suo stolto parlare il peccatore si fabbrica le sue catene e la sua rovina, catene di molti peccati, che strascinano l'uom superbo e maledico nella dannazione.
23,9:Frequenti per esso son le cadute. S. Agostino serm.28 De Verb. Apost. dice: Giurar il falso è perdizione: giurare il vero è cosa pericolosa: nissun giuramento è sicuro dal male.
23,10:Il nome di Dio non sia di continuo ec. Biasima con gran ragione la prava consuetudine di quelli, i quali per una certa leggerezza e irriverenza hanno continuamente in bocca Dio e i santi, Dio, il cui nome adorabile non dee essere rammentato se non con gran riflessione ed ossequio, i nomi dei santi, che debbono pur rispettarsi come amici di Dio e regnanti con lui nella gloria. Debbo però notare, che la voce sanctorum potrebbe anche prendersi in neutro per significare le cose sante, come era presso gli Ebrei l'arca, il tempio ec. in masculino potrà questa voce intendersi principalmente de' santi Angeli.
23,11:Siccome il servo messo ogni po' alla tortura ec. Gli antichi dicevano, che il giuramento è per un uomo libero quello che era la tortura per lo schiavo: onde dai servi si procurava di trarre la verità mediante la tortura, dai cittadini mediante il giuramento, dai sacerdoti mediante la sola parola: tale era l'uso de' Romani. Vedi Plutarco Probl. Lo schiavo adunque messo sovente alla tortura ne porta i segni, che gli durano nel corpo; e l'uomo, che giura sovente, porterà nell'anima sua le piaghe dei peccati commessi col frequente giurare e ripetere quel nome grande di Dio.
23,13:E se non ne farà conto, avrà doppio peccato. Avrà il peccato dello spergiuro, e il peccato di non correggere e di non espiare il male che ha fatto.
23,14:E se ha giurato in vano, ec. Se ha giurato temerariamente, senza necessità, o senza il fine di giusta utilità, egli sarà sempre tenuto per peccatore come lo è, e la casa di lui sarà punita co' gastighi di Dio.
23,15:Che confina colla morte. Ovvero: che sta di contro alla morte, che è parallela alla morte: tutto questo vuol dire, che al linguaggio, di cui egli parla, va presso la morte e dell'anima e del corpo, e questo linguaggio è la bestemmia, la quale era tanto in odio presso gli Ebrei, che ne abborrivano anche il nome, e nol pronunziavano, ma la significavano col suo contrario, dicendo benedire in vece di bestemmiare. Vedi Job II. 9., 3. Reg. XXI. 13. Il Savio desidera, che esempio di tale iniquità non si oda giammai ne' posteri di Giacobbe. I bestemmiatori eran lapidati immediatamente a furia di popolo. Levit. XXIV. 14.
23,16:Tutte queste cose. I giuramenti falsi, o temerari, e le bestemmie.
23,17:Alla temerità del parlare. Non avvezzarti a parlare senza considerazione, a dir tutto quello che ti viene alla bocca, altrimenti sarai sempre in peccato, peccherai in un modo o in un altro. Alcuni credono, che qui il Savio parli degli osceni discorsi, ma a questi pure dà luogo sovente il vizio generale di parlare senza riflesso.
23,18-19:Ricordati di tuo padre, ec. Se tu sei elevato in dignità talmente che abbi luogo tra' grandi, non ti scordare del padre tuo e della madre, da' quali avesti la vita; non ti scordare della inferiore loro condizione, affine di conservare la modestia e l'umiltà; perchè se tu ti scordassi del tuo primo essere, potrà anche Dio scordarsi di te e far sì, che tu cada dal posto, che occupavi, e perchè tu ti eri stranamente insuperbito di andar del pari con que' grandi, forse Dio ti getterà a terra, e ti coprirà di confusione nel cospetto di essi, talmente che bramerai di non esser venuto al mondo, e maledirai il giorno di tua natività.
23,20:Non si correggerà. La ragione si è, perchè egli, che è avvezzo a maltrattare ognuno, maltrattera anche più facilmente chi volesse procurar d'illuminarlo e ritrarlo da si brutto vizio.
23,22:L'animo focoso ec. Dopo i peccati della lingua, pone i peccati di opera. Questo luogo è simile a quello dei Proverbi VI. 16., ec. Parla adunque della incontinenza, secondo la più probabile opinione, e di essa nota tre di versi gradi in tre diversi generi di persone: il primo grado è di quelli, che nutriscono interiormente la impura passione, e sono dominati da' pravi desideri; il secondo di quelli, che passano a commettere azioni ree co gli oggetti, a'quali hanno comunicato il loro fuoco: di questi parla vers. 23. 24.: il terzo di quelli, che commettono adulterio.
23,24:Tutto il pane è dolce ec. Purchè la sua passione egli sfoghi in qualunque modo, il fornicatore non bada ad altro: perocchè una specie di terribil furore lo spigne, onde non è capace di essere ritenuto da veruna considerazione o rispetto, e tutti gli oggetti son buoni per lui, e non cesserà di peccare fino che avrà vita.
23,27:Perocchè questo umano timore, ec. Mentre l'adultero teme di esser veduto, e per conseguenza punito dagli uomini, questo timore degli uomini, per ragione del quale egli cerca la notte, e tutte le invenzioni adopera per nascondersi, e guarda dappertutto se alcuno lo vede, questo timore bandisce dal cuor di lui il timor di Dio.
23,30:Sarà punito nella piazza della città. Il delitto, ch'ei fece in segreto, sarà punito pubblicamente, permettendo e disponendo Dio, che si sappia da tutti la sua iniquità.
Si darà alla fuga, ec. Egli qual puledro indomito cer chera di fuggire il gastigo, ma Dio farà, ch'ei sia preso dove e quando meno se l'aspettava.
23,33:Ella in primo luogo non crede alla legge ec. L'adultera pecca in primo luogo contro Dio, negando fede e obbedienza alla legge di lui; secondo, pecca contro il marito, violando la fedeltà promessa nel contratto di matri monio; terzo, pecca contro la santità dello stesso matrimonio; e finalmente fa ingiuria gravissima ai figli legittimi, introducendo nella famiglia e nella eredità i figliuoli bastardi. I Cristiani hanno anche altre gravissime cause onde abborrire e detestar l'adulterio e ogni fornicazione, intorno alle quali vedi 2. Cor. VI.
23,34-35:Si farà inquisizione sopra de' suoi figliuoli, ec. Per distinguere i legittimi dagl'illegittimi, e notar questi come infami ed escluderli dalla eredità. I figliuoli poi nati dal peccato di lei non avran lunga vita, e Dio non permetterà, che abbiano posterità: non metteranno radici: non dureranno molto, come non dura una pianta priva di radici: e non daran frutto: non avran figliuolanza.
23,38:Ella è gloria grande il seguire il Signore. Seguitare il Signore vuol dire servirlo, e questa servitù è sommamente gloriosa per l'uomo sì per riguardo alla infinita dignità e maestà di tal padrone, e sì ancora riguardo alla infinita ricompensa di una vita eterna e gloriosa.
Gen Es Lv Nm Dt Gs Gdc Rt 1Sam 2Sam 1Re 2Re 1Cr 2Cr Esd Ne Tb Gdt Est 1Mac 2Mac Gb Sal Pr Qo Ct Sap Sir Is Ger Lam Bar Ez Dn Os Gl Am Abd Gn Mi Na Ab Sof Ag Zc Ml Mt Mc Lc Gv At Rm 1Cor 2Cor Gal Ef Fil Col 1Ts 2Ts 1Tm 2Tm Tt Fm Eb Gc 1Pt 2Pt 1Gv 2Gv 3Gv Gd Ap