Ecclesiastico - 11

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VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008


Saggezza dell'umile: non giudicare di nessuno dalla apparenza: non far pompa di bei vestiti; non invanirsi degli onori: non giudicare prima di aver udito il reo; non porre la fidanza ne' beni temporali: il bene, e il male viene dà Dio: ricordarsi del bene, e del male: non fidarsi di tutti.

1La saggezza dell'umile lo innalzerà, e farallo sedere nel consesso de' magnati.
2Non lodare un uomo per la sua avvenenza, e non disprezzare alcuno per quel, che di lui apparisce:
3Piccola cosa trai volatili è l'ape, ma il suo frutto ogni dolcezza sorpassa.
4Non ti gloriare delle vestimenta, e non ti invanire quando sarai innalzato agli onori; perocché solo dell'Altissimo son mirabili le opere; e le opere di lui sono gloriose, e segrete, e non conosciute.
5Sederono in trono molti tiranni: e tal portò il diadema, a cui nissuno pensava.
6Molti potenti caddero in grande oppressione; e i magnati furon dati in potere altrui.
7Non biasimare nissuno prima di informarti; e quando sarai informato, riprenderai con giustizia.
8Non risponder parola prima di aver sentito; e non interrompere l'altrui discorso.
9Non contendere per cosa, che nulla a te importa; e non unirti a giudicare con quei, che peccano.
10Figliuolo non impicciarti in molte cose; perocché se diverai ricco, non sarai esente da colpa. E andando dietro (a molte cose) non verrai a capo di alcuna; e qualunque diligenza tu facci, non potrai trarti fuora.
11Taluno si affanna, e si da da fare, e patisce, essendo privo di pietà, e tanto meno arricchisce:
12Tal altro è languido, e bisognoso di ajuto, e privo di forze, e ricco di miseria:
13E l'occhio di Dio mira costui benignamente, e lo solleva dal suo abbattimento, e gli fa alzare la testa, e molti ne restano ammirati, e a Dio ne rendono onore.
14I beni, e i mali, la vita, e la morte, la povertà, e la ricchezza vengon da Dio.
15La sapienza, e la disciplina, e la scienza della legge sono da Dio: la carità, e le opere de' buoni sono da lui.
16L'errore, e le tenebre sono ingenite ai peccatori: e quelli, che esultano nel male, invecchiano nella malizia.
17Il dono di Dio rimane presso de' giusti, e con vantaggiosi progressi anderà crescendo continuamente.
18Taluno si fa ricco colla parsimonia, e questo sol frutto ha per sua mercede,
19Che dice: Io son contento, e adesso mangerò de' miei beni io solo.
20Ma egli non sa quanto tempo vi sia, perché la morte si accosti, ed egli lasci ad altri ogni cosa, e si muoja.
21Tienti costante al tuo patto, e sopra di questo ragiona, e invecchia nell'adempiere quel, che ti è comandato.
22Non ti abbagli il fare de' peccatori; ma confida in Dio, e sta al tuo posto;
23Perocché è cosa facile dinanzi a Dio l'arricchire il povero in un momento.
24La benedizione di Dio corre a rimunerare il giusto, e in brev'ora fa, che egli cresca, e fruttifichi.
25Non dire: Che ho io da fare? e qual bene omai avrò io?
26Non dire: io basto a me stesso: e qual male può mai venirmi?
27Nel dì felice non ti scordare de' cattivi giorni, e nel giorno cattivo non ti scordare del giorno felice:
28Ed è cosa facile a Dio il rendere a ciascheduno secondo le opere sue nel dì della morte.
29Il male di un'ora fa dimenticare le grandi delizie; perché nella fine dell'uomo si manifestano le sue operazioni.
30Non lodar verun uomo prima della sua morte; perocché l'uomo si riconosce da' suoi figliuoli.
31Non introdurre in casa tua ogni sorta di persone; perocché molte sono le insidie degli ingannatori;
32Perocché come uno stomaco fetido getta dei rutti, e come la pernice è condotta alla gabbia, e il daino al laccio, cosi va la cosa riguardo al cuor del superbo, che osserva come da una vedetta la caduta del suo prossimo.
33Perocché egli il bene convertendo in male sta tendendo insidie, e agli eletti stessi apporrà delle macchie.
34Da una sola scintilla divampa il fuoco: e un solo ingannatore moltiplica le stragi; perché l'uom peccatore tende a spargere il sangue.
35Guardati dall'uomo malizioso macchinatore di guai, affinchè egli non abbia a tirarti addosso infamia per petua.
36Ricevi in tua casa lo straniero, ed egli la metterà sottosopra, e ti rovinerà, e ti spoglierà anche del tuo.
Note:

11,1:La saviezza dell'umile lo innalzerà ec. Si potrebbe ancora tradurre: La saviezza dell'uomo di bassa condizione lo innalzerà. Ho preferito l'altra versione, che fa la sentenza più generale. Vedi Prov. XV. 33. XI. 2. ec.

11,2-3:E non disprezzare alcuno ec. È gran debolezza il giudicare del merito di un uomo dalla bella presenza, o il farne cattivo concetto perchè egli sia di cattiva apparenza, di piccola statura, o mal fatto di sua persona. L'ape è sì piccola cosa, e nondimeno il miele, che ella mette insieme, supera ogni altra dolcezza. Vorremmo noi anteporre all'ape, che ha corpo tanto meschino, il pavone, che è sì bello a vedersi? Ma se tu togliessi dal mondo tutti i pavoni, il mondo non ne sentirebbe gran danno; se togliessi l'ape, tu priveresti gli uomini di un gran bene, dice il Grisostomo in Psal. 50. Vedi Plin. lib. XI. 5. II. 17.

11,4:Non ti gloriare delle vestimenta, ec. S'intende delle vesti, che uno porta come distintivo di qualche dignità, perocchè soggiunge: e non ti invanire quando sarai innalzato agli onori: ne adduce il Savio due ragioni; la prima si è, che la gloria appartiene a Dio solo, la cui maestà è piena di gloria, e piene di gloria sono le opere di lui; la seconda ragione si è, perchè le opere di Dio e i suoi giudizi sono ignoti e segreti e occulti; e molte volte quelli, che occuparono i posti i più sublimi, e fecer grandiosa comparsa nel mondo, caddero nella abbiezione e nella miseria, come è detto nei versetti seguenti.

11,5-6:Sederono in trono molti tiranni, ec. La voce tiranno non è qui usata in cattivo senso: ella significa un regnante. Sederon sul trono, e portarono il diadema molti, ai quali nissuno avrebbe giammai prognosticata tal sorte; e per lo contrario molti potenti e molti grandi caddero in grande ignominia (così il Greco), e diventa rono eziandio schiavi de' loro nemici: la Storia sacra e profana ne somministra molti esempi.

11,7:Non biasimare nessuno prima d'informarti, ec. Costantino il Grande ebbe a pentirsi molto di aver creduto troppo facilmente alla moglie, che accusò il di lui figliuolo Crispo; e lo stesso Davidde sorpreso da un cattivo uomo fece torto a Miphiboseth, 11. Reg. XVI. 4.

11,9:Non contendere per cosa, che nulla a te importa. Le dispute per cose inutili, che nulla ci appartengono, non sarebber buone ad altro, che a far perdere a noi la nostra pace e la carità verso de' prossimi. E non unirti a giudicare con quei che peccano. Vale a dire con quelli, che essendo cattivi, e mal facendo, pensano sempre male degli altri e temerariamente giudicano del prossimo loro.

11,10:Non impicciarti in molte cose: ec. Questa sentenza presa in generale condanna la presunzione e la imprudenza di quelli, che metton mano a molte cose a un tempo e nissuna ne fanno bene, nè la conducono a fine. E molto saggiamente fu detto, che siccome a nissuna madre la natura dà più figliuoli, che latte da nutrirli, così nissun uomo prudente prenderà sopra di sè una mole di negozi superiore alle sue forze. Ma in questo luogo questa sentenza si applica a quelli, che molte cose intraprendono per arricchire; i quali dice, che se diverranno ricchi non saranno esenti da colpa; perocchè la stessa cupidità di fare ricchezze non è senza peccato per se medesima, ed agevolmente trasporta l'uomo a commettere molti peccati, onde dice l'Apostolo: Quelli che vogliono arricchire incappano nella tentazione e nel laccio del diavolo, I. Tim. VI. 9.
E andando dietro (a molte cose) ec. Questa seconda parte del versetto è oscura anzi che no, ed io seguendo le vestigia della nostra Volgata ho procurato di trarne il senso, che mi sembra il più vero. Segue pertanto il Savio a illustrare la sentenza contenuta nella prima parte, e dice, che un uomo, che si carichi di molti affari, di molti uffizi e impieghi, non riuscirà bene in veruno, nè per quanto corra e si affaccendi e si consumi potrà trarsi con qualche felicità dall'impegno, in cui si è posto imprudentemente.

11,11-13:Taluno si affanna, ec. Dimostra che inutilmente l'uomo si affatica e si studia di arricchire, se Dio non benedice le sue fatiche. Se il Signore non edifica la casa, invano si affaticano quelli, che la edificano. Psal. CXXVI. I.

11,14:I beni e i mali, ec. Intende i mali di pena, dei quali si serve Dio a punire i cattivi e a correggere e purificare i buoni, i quali perciò negli stessi mali riconoscono e amano Dio, come ne' beni: onde il Nazianzeno, Ep. 63.: Rendo grazie come nelle contentezze, cosi nelle afflizioni, perchè so di certo, che di tutto quel che ci avviene, nissuna cosa presso quella somma ragione è senza ragione.

11,15:La sapienza e la disciplina ec. Quello che disse de' beni del corpo lo dice adesso de' beni dell'animo, e di tutti questi beni, tanto di quelli che sono beni dell'intelletto, come di quelli che spettano alla volontà, di tutti dice, che vengono da Dio e sono dono di Dio.

11,16:L'errore e le tenebre sono ingenite ai peccatori. L'errore e la cecità segue ed accompagna sempre il peccato: quindi sovente nelle Scritture si dice, che i peccatori sono nelle tenebre e camminano nelle tenebre, come si dice, che i giusti camminano e son nella luce. Vedi 1. Joan. 1. 7. Ogni peccato include un errore pratico, per cui l'uomo preferisce la propria passione a Dio e ai comandamenti di lui e al proprio suo vero bene: ogni peccato fortifica l'inclinazione al male, e colla moltiplicazione degli atti cattivi si giugne ben presto a tal perversione di giudicio, che o piccol male o nissun ma le si credano essere le maggiori iniquità, come si vede in tanti uomini, che accecati dalla cupidità peccano senza ribrezzo e senza vergogna, ed anche si gloriano della loro malvagità (come soggiunge il Savio); onde ne avviene, che nel male s' indurano, nel male invecchiano e nel male muoiono senza riparo. 17.il dono di Dio rimane presso de' giusti, ec. Disse, che tutti i beni sono dono di Dio, vers. 14.; dice adesso, che i beni dati da Dio ai giusti rimangono presso di es si, si conservano, durano e vanno anche sempre crescendo: non così i beni dati da Dio ai cattivi, perchè questi dissipano gli stessi beni con ingiuria del donatore. Sentenza, che si verifica continuamente riguardo ai doni di grazia, e sovente ancora riguardo ai beni temporali.

11,18-20:Taluno si fa ricco ec. Porta l'esempio di un uomo, il quale de' beni, cioè delle ricchezze concedutegli da Dio non sa fare quell'uso, per cui gli furon da te, onde non sono per lui di verun frutto; perchè invece di spenderle in sollievo de' poveri, le nasconde, e non ad altro aspira, che di goderne egli solo, e, come il ricco del Vangelo (Luc. XXIII. 19.), dice a se stesso che ha del bene per molti e molti anni, onde può vivere tranquillo e darsi bel tempo; e lo stolto non pensa, che forse la morte è vicina, onde assai poco goderà di sue ricchezze, perchè egli morrà, e queste passeranno in altre mani.

11,21:Tienti costante al tuo patto, ec. Per questo patto si può intendere in primo luogo quello, che gli Ebrei facevano con Dio nella circoncisione, e i Cristiani fanno nel battesimo, di servire a Dio e osservare la sua legge; in secondo luogo può intendersi lo stato particolare, che ciascheduno si elesse, per esempio del matrimonio o della professione religiosa; onde dice il Savio: sta' costante nell'amare il tuo stato e nell'adempirne le obbligazioni, e di queste ragiona con chi può istruirti, e la vecchiezza ti trovi occupato in questo tuo grande affare di eseguire puntualmente tutto quello, che Dio in tale stato vuole da te.

11,22-23:Non ti abbagli il fare de' peccatori; ec. Perchè tu vegga, che i cattivi abbiano prosperità, non ti venisse voglia di lodargli e molto meno d'imitarli: confida in Dio, fa'quello che dei fare nello stato tuo con buona costanza, e Dio, a cui tutto è facile, ti arricchirà dei suoi doni e dei suoi celesti favori. Non dee perdersi d'animo un uomo perchè si vegga privo delle virtù necessarie a ben vivere nello stato, a cui fu chiamato da Dio: perocchè dee ricordarsi ch'ei serve ad un padrone buono e dovizioso di ogni ben e, che può dargli tutto quello che a lui manca, e gliel darà, purchè a lui ricorra con fede e con umiltà.

11,24:E in brev'ora fa, che egli cresca, ec. La benedizione di Dio fa sì, che il giusto, a guisa di pianta felice, con gran celerità vada crescendo e porti ottimi frutti.

11,25-26:Non dire: Che ho io da fare o ec. in questi due versetti è rappresentata la pusillanimità di un uomo affllitto e in miseria, e l'arroganza di un peccatore felice, che crede di aver fissata immutabilmente (come suoi dir si) la ruota della fortuna. il primo dice: Che ho io da fare in questo mondo? è egli possibile, ch'io abbia mai veruna consolazione? il secondo dice: Io sono felice, e lo sarò, perch'io di nissuno ho bisogno, e basto io a me stesso, e non v'ha alcuna specie di male, ch'io non possa tener lungi da me colle sole mie forze, col mio denaro, colla mia potenza. il Savio adunque c'insegna a portare con animo pacato le avversità e a sperar sempre in Dio, e a non inalberarsi nelle felicità, ma serbar costan le moderazione di animo col giusto timore che la scena potrà cambiarsi, che è quello ch'ei dice nel vers. 27.: nella felicità pensa alle disgrazie, che posson venire; nelle avversità pensa al bene, che Dio ti ha dato, e forse ancor ti darà quando avrà abbastanza provata la tua pazienza.

11,28:Ed è cosa facile a Dio ec. Che se Dio non ricompensasse la tua pazienza colle prosperità temporali, la ricompenserà con quelle della vita avvenire; e se non punisse coi mali presenti l'arroganza de' felici del secolo, la punirà alla morte con altri mali, che sono infinitamente piti da temersi.

11,29:Il male di un'ora fa dimenticare le grandi delizie. Questo si verifica nel tempo di questa vita quando o qual che gran malattia, o la povertà, od altra qualunque tribolazione sorprende l'uomo; perocchè o egli non pensa più nè punto nè poco a quello, che ha goduto nel tempo passato, o se vi pensa, non serve questo pensiero ad al leggiare il suo male, ma anzi ad accrescerlo. Molto più poi si verifica la stessa sentenza nel punto della morte, quando ogni sentimento de' passati piaceri sarà perduto e resterà solo il dolore del male, che per quelli l'uomo si è meritato. Perchè nella fine dell'uomo si manifestano le sue operazioni: alla morte non è di consolazione per l'uomo l'aver goduto molte delizie e piaceri in questa vita, perchè allora egli è chiamato a rigoroso esame dinanzi al Giudice eterno, e dalla sentenza, che sopra di lui si darà, viene a conoscersi se egli ha bene o male operato. La particella congiuntiva et si prende qui per la causale, come in altri luoghi delle Scritture.

11,30:Perocchè l'uomo si riconosce dai suoi figliuoli. Alcuni pe' figliuoli intendono le opere dell'uomo: or siccome anche l'uomo stesso, che fa il bene, per la naturale incostanza può volgersi al male, perciò dice il Savio: non canonizzare un uomo mentre egli è ancora in vita; aspetta di vedere se egli sarà perseverante nel bene, e se le opere di lui saranno sempre da giusto. Ma de' figliuoli carnali ancora ottimamente si dice, ch'ei sono la gloria o l'obbrobrio del padre loro, e che dalla vita buona o cattiva di essi si riconosce la saviezza o la malvagità del padre. Per dare adunque ad un uomo una giusta laude, aspetta di vedere quali saranno i figliuoli, ch'ei lascia dopo di sè.

11,31:Non introdurre in casa tua ec. In questo e nei seguenti versetti il Savio insegna la cautela da usarsi nell'ammettere alla famigliarità le persone non ancora ben conosciute e sperimentate. Non proibisce egli adunque l'ospitalità, nè il fare del bene a qualunque uomo, ma sì il fidarsi leggermente di tutti, e il trattare cogl'ignoti con quella dimestichezza e fidanza, con cui si tratterebbe con un amico.

11,32:Come uno stomaco fetido ec. Avvertì nel versetto precedente di guardarsi dalla familiarità dell'uomo ingannatore: rende adesso ragione del suo avvertimento, e dice in prino luogo: sappi, che siccome uno stomaco guasto perchè non può digerire i cibi ancorchè buoni e sa ni getta fetidi rutti; così il cuore dell'uomo superbo nu trito della tua amorevolezza e carità ti renderà tratti di malizia e di fraude; perocchè egli corrompe ogni cosa e di tutto abuserà in tuo danno.
E come la pernice è condotta alla gabbia, e il daino al laccio, ec. Per ischiarire questo luogo convien sottintendere qualche parola, e per quanto io posso compren dere vuolsi significare, che la pernice è condotta alla gabbia e il daino al laccio, da un'altra pernice, e viceversa; perocchè delle pernici addomesticate si servivano i cacciatori a prendere non solo le pernici, ma anche i daini, e de' daini a prendere le pernici per l'amicizia, che corre tra queste due specie di animali, come scrive Oppiano, Della caccia lib. II. dove dice:
Fermàr co' daini ed amistade e lega...
Ma poi la compagnia gustano amara,
E l'amistade senza riso e trista,
Allor, ch'uomini astuti agl'infelici
Macchinan scaltre cose, le pernici
Ponendo per inganno a' daini amici,
E alle amiche pernici altresì i daini.

Dice adunque il Savio: siccome l'amistà tralle pernici e i daini è funesta e di cattivo fine, perchè per ragione di questa la pernice è tratta nella gabbia e il daino cade nel laccio, così nella famigliarità che tu venga a contrarre coll'uomo superbo e di cuor cattivo, tu troveresti la tua rovina, perchè egli non ad altro aspira, che al ma ligno piacere di veder caduti miseramente i suoi prossimi: onde soggiunge, versetto 33., che questo falso e per fido amico convertirà il bene in male, e vi ordirà sopra insidie e tradimenti, ed agli stessi uomini eletti, ai più rispettabili apporrà delle macchie, gli accuserà calunnio samente de' difetti e de' peccati, ch'ei non hanno.

11,34:Da una sola scintilla ec. Un perfido amico, che a busa della confidenza, che tu avevi in lui, con una parola, ch'ei riporterà malignamente, accenderà nimicizie mortali, dalle quali ne verranno eziandio stragi e rovine; e questo appunto è quello, che brama e cerca un tal uomo cattivo e peccatore.

11,35:Dall'uomo malizioso ec. Il Greco propriamente, dall'uomo malfacente, vale a dire da quell'istesso, di cui ha parlato di sopra, che non pensa se non a nuocere altrui.

11,36:Lo straniero, ec.Il nome di straniero presso gli Ebrei fu sempre nome odioso, significando gli uomini di altra nazione, e per conseguenza nemici del vero Dio e adoratori degl'idoli; e Dio aveva molto severamente comandato al suo popolo di fuggire ogni commercio colle nazioni. In primo luogo adunque vuol significarsi, che l'introdurre nella propria casa una persona aliena dalla vera fede è un esporsi agravissimi pericoli tanto per riguardo allo spirito come per riguardo al temporale. In secondo luogo è ancora verissimo, che il ricevere nella propria casa un uomo non conosciuto, nè bene sperimentato, vi pro durrà agevolmente disordini e sconvolgimenti e rovine.

Gen Es Lv Nm Dt Gs Gdc Rt 1Sam 2Sam 1Re 2Re 1Cr 2Cr Esd Ne Tb Gdt Est 1Mac 2Mac Gb Sal Pr Qo Ct Sap Sir Is Ger Lam Bar Ez Dn Os Gl Am Abd Gn Mi Na Ab Sof Ag Zc Ml Mt Mc Lc Gv At Rm 1Cor 2Cor Gal Ef Fil Col 1Ts 2Ts 1Tm 2Tm Tt Fm Eb Gc 1Pt 2Pt 1Gv 2Gv 3Gv Gd Ap