Lettera I a Timoteo - 1

123456

VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008


Rammenta a Timoteo l'incombenza, che gli avea data di ritrarre alcuni dalla cattiva dottrina, e di insegnare la buona. La legge è fatta per gl'ingiusti. Rende grazie a Dio, il quale di persecutore della Chiesa lo aveva fatto Apostolo. Egli avea conseguito misericordia, affinchè manifesta si rendesse la pazienza di Dio ad istruzione de' peccatori. Esorta Timoteo a diportarsi da valoroso soldato.

1Paolo Apostolo di Gesù Cristo secondo l'ordinazione di Dio Salvatore nostro, e di Gesù Cristo nostra speranza:
2A Timoteo per la fede figliuolo diletto: grazia, misericordia, e pace da Dio Padre, e da Gesù Cristo Signor nostro.
3Siccome ti pregai, che rimanessi in Efeso, mentr' io andava nella Macedonia, perché facessi intendere a certuni, che non tenessero diversa dottrina,
4Né andasser dietro alle favole, e alle genealogie, che non hanno fine: le quali partoriscon piuttosto delle dispute, che quell'edificazione di Dio, che si ha per la fede.
5Or il fine del precetto è la carità di puro cuore, e di buona coscienza, e di fede non simulata.
6Dalle quali cose alcuni avendo deviato, hanno dato nei vani cicalecci,
7Volendo farla da dottori della legge, senza intendere né le cose, che dicono, né quelle, che danno per certe.
8Or sappiamo, che buona è la legge, se uno se ne serve legittimamente:
9Non ignorando, come la legge non è fatta pel giusto, ma per gli ingiusti, e disubbidienti, per gli empi, e peccatori, per gli scellerati, e profani, pei parricidi, e matricidi, e omicidi,
10Pei fornicatori, pei rei di delitto infame, per coloro, che ruban gli schiavi, pe' bugiardi, e spergiuri, e s'altro v' ha, che alla sana dottrina s' opponga,
11La quale è secondo il glorioso vangelo del beato Iddio, il quale è stato a me affidato.
12Rendo grazie a colui, che mi ha fatto forte, a Gesù Cristo Signor nostro, perché mi ha giudicato fedele, ponendomi nel ministero:
13Me, cha prima fui bestemmiatore e persecutore, e oppressore, ma conseguii misericordia da Dio, perché per ignoranza lo feci, essendo incredulo.
14Ma soprabbondò la grazia del Signor nostro colla fede, e colla carità, ch' è in Cristo Gesù.
15Parola fedele, e degna di ogni accettazione, che Gesù Cristo venne in questo mondo a salvare i peccatori, de' quali il primo son io.
16Ma per questo trovai misericordia affinchè in me prima io facesse vedere Cristo Gesù tutta la pazienza per modello a coloro, i quali sono per credere a lui, per la vita eterna.
17Al Re de' secoli immortale, invisibile, al solo Dio, onore, e gloria pe' secoli de' secoli. Cosi sia.
18Questo avvertimento ti raccomando, o figliuolo Timoteo, che seconda le profezie, che di te precedettero, secondo queste militi nella buona milizia,
19Tenendo la fede, e la buona coscienza, rigettata la quale taluni han fatto naufragio intorno alla fede:
20Del numero de' quali è Hymeneo, e Alessandro: i quali io ho consegnati a Satana, perché imparino a non bestemmiare.
Note:

1,1:Secondo l'ordinazione di Dio Salvatore ec. Per ordinazione di Dio, che è nostro Salvatore, perchè ci ha dato la salute per Gesù Cristo. Il titolo di Salvatore benchè ordinariamente diasi a Cristo, si attribuisce pero anche al Padre. Luc. I. 47., Tit. II. 10. Jud. v. 25 Di Gesù Cristo nostra speranza. Pei soli meriti di Gesù Cristo speriamo la remissione de' peccati, e la vita eterna; e con queste parole principia l'Apostolo a dar addosso a coloro, i quali la speranza della salute riponevano tutta via nella legge.

1,2:Per la fede figliuolo diletto. Timoteo era stato fin dalla più tenera età istruito nella fede, ed era in ottima riputazione trai Cristiani, allorchè Paolo lo prese seco. Ma questi lo addottrinò ne' misteri del Vangelo, e gli comunicò tutta la sua celeste sapienza; e perciò lo chiama suo figliuolo, o sia suo discepolo nella fede, e discepolo molto caro. Il greco in vece di diletto dice genuino, o sia non degenerante dal padre; elogio verissimo, e infinitamente glorioso per Timoteo.

1,3:Siccome ti pregai, che rimanessi in Efeso, mentr'io ec. Bisogna qui sottintendere: ricorditi, o altra simil parola. Paolo costretto a ritirarsi da Efeso a causa della sedizione descritta negli Atti XIX., se ne andò nella Macedonia, e benchè con autorità di maestro potesse comandare a Timoteo di restare in quella città per promuovere la causa del Vangelo; si contentò con la solita sua umiltà di pregarlo come fratello. Si vede, che nel lasciarlo gli aveva dato vari avvertimenti, tra' quali è quello che egli ora ripete, vale a dire, che reprimesse certi maestri, che andavano introducendo nuove dottrine. Vedremo, chi fosser questi maestri, e quello che insegnassero.

1,4:Nè andasser dietro alle favole, e alle genealogie, ec. Intende le favole de' Giudei intorno a quello che Dio avesse fatto prima della creazione del mondo, intorno alla creazione dell'uomo, sopra la quale molte cose aggiungevano alla divina narrazione della Genesi intorno all'esistenza dell'anime prima che fossero mandate ad abitare ne' corpi umani, intorno alla creazione, e al destino degli Angeli ec., le quali favole furono e raccolte, e ornate da' Valentiniani eretici, come racconta Tertulliano, ed ancora da' Basilidiani, e dai Carpocraziani, tutti rami dell'infame setta degli Gnostici. Questi ancora contavano all'infinito tutti gli attributi della divinità, la sapienza, l'intelligenza, la maestà, la vittoria, il regno, la presenza ec. come tanti personaggi diversi, e gli facevano derivare l'uno dall'altro; e perciò alle favole aggiunge l'Apostolo le genealogie, che non hanno fine. Alle dicerie interminabili, che facevano questi eretici sopra di queste genealogie, succedevano le furiose contese, che avevano nella medesima setta gli uni contro degli altri intorno al numero, e alle derivazioni di queste proprietà; onde a gran ragione dice l'Apostolo, che tali cose vagliono a partorire delle dispute, non a produrre quella edificazione, che a Dio conduce, e la quale si ritrova nella soda e sincera cognizione della dottrina evangelica.

1,5:La fine del precetto è la carità ec. Alla inutilità, ed alle favolose invenzioni di quelli impuri dottori oppone la soda e costante teologia del Vangelo, secondo la quale il fine, a cui si riferiscono tutti i precetti, è la carità, nella quale, come egli ha detto altre volte, la pienezza della legge consiste; carità di cuor puro, vale a dire, che parte da una volontà libera dalle prave cupidità; carità, di buona coscienza, vale a dire, che rettamente, e santamente opera, e secondo i principi della vera pietà; carità di fede non simulata, cioè appoggiata alla vera, e sincera fede, dalla quale ci viene insegnafo con infallibile sicurezza quello che sia da amarsi, quel che sia da fuggirsi.

1,6-7:Dalle quali cose alcuni avendo deviato, ec. Da questa regola fissa invariabile della carità, di cuor puro ec. coloro, che si allontanano, danno nelle vane speculazioni, nelle ciance inutili. Questi stessi si spacciano per grandi maestri della legge, la quale vogliono innestata al Vangelo, mentre. per altro nè intendono le quistioni, delle quali parlano, nè le ragioni, con le quali pretendono di dimostrarle.

1,8:Sappiamo, che buona è la legge, se...uno ec. Ma noi illuminati dalla verità abbiamo per principio infallibile, che la legge è buona per se medesima, e di un Dio buono e lavoro, purchè legittimamente si adoperi, vale a dire, si osservi secondo il suo spirito, e per essa si vada a Cristo, fine della legge. Legittimamente si vate della legge (dice il Grisostomo) colui, che segue l'intenzione della legge, la quale tutti i sagramenti carnali riferisce a Cristo e la mette in pratica non per timor della pena ma per amore della virtù; laonde valersi legittimamente della legge, vuol dire, valersene spiritualmente, come elia è spirituale.

1,9:Non ignorando, come la legge non è fatta pel gusto, ma per gli ingiusti. La legge per quella parte, che riguarda i costumi, è considerata qui dall'Apostolo non in quanto ella è regola di quello che de farsi, e non farsi; imperocchè quanto a ciò i giusti sono anche essi tenuti alla legge; ma egli la considera in quanto distinguesi dalla fede, e dalla grazia del Salvatore, conforme la distingue egli perpetuamente in queste lettere, ed in quanto è proprio di essa il minacciare, il far de' rei, il punire. Dice adunque, che in quanto ella è tale, non è fatta per l'uomo giusto la legge, perchè questi per principio di amore, non di timore, osserva, e segue di buona voglia la legge, e non è spinto per forza a ben fare dalla legge: La conclusione, che l'Apostolo vuole, che si tragga daquesta dottrina, si è, che il cristiano giustificato per Cristo non dee più sottoporsi al giogo servile della legge, Gal.V. Il giusto (dice s. Agostino) non è sotto la legge, perchè la volontà, e l'amore di lui è nella legge del Signore; imperocchè quegli, che è nella legge, opera secondo la legge; quegli che è sotto la legge è spinto dalla legge; al primo adunque è libero, l'altro è servo: In ps. 1. Vedilo ancora de sp. et litt. cap. 10.

1,10-11:Per coloro, che ruban gli schiavi. Coloro, che menano via o i servi altrui, od anche gli uomini liberi, particolarmente fanciulli di poca età, per fargli schiavi, e venderli, o ritenerli per loro servizio. Ne abbiamo esempi nelle antiche commedie. Vedi Erod. XXI. 16. Deut. XXIV. 7.
E s'altro v'ha, che atta sana dottrina s'opponga, la quale ec. Aggiunge queste parole, perchè senza numero erano gli errori della pagana filosofia nella materia de' costumi, e molte prave massime erano autorizzate dai dottori della Sinagoga, come dimostra Gesù Cristo nel Vangelo. Ma la dottrina di questo Vangelo, è interamente sana, e perfetta; anzi come dice l'Apostolo, perchè una dottrina si riconosca per pura, e incorrotta, basta che ella sia secondo il Vangelo, il quale ha partorito a Dio tanta gloria per l'incredibile repentina mutazione, che ha operato negli uomini, i quali ha fatti passare dalla corruzione del vizio ad una non più intesa purità di costumi. Questo Vangelo (soggiunge l'Apostolo) qual prezioso de posito e stato affidato a me, affinchè io lo predichi per tutta la terra. Ma facendo egli vedere e i mali, che inon davato il mondo prima del Vangelo, e il rimedio, che Dio ha opposto a tutti questi mali, che è lo stesso Vangelo, viene insieme a far vedere quanto mal a proposito pretendessero i falsi apostoli di aggiungere al Vangelo la legge; e rammemorando la elezione fatta di lui dallo stesso Dio per mandarlo a predicare il vangelo, viene nello stesso tempo a vendicare la propria autorita, e a far intendere, che in virtù di questa può egli rigettare, e condannare le novità, con le quali cercavasi di corrompere la purita della fede. Il Grisostomo pel vangelo, glorioso, o sia della gloria, intende il Vangelo, che promette, e partorisce la gloria eterna a' credenti.

1,12-13:Rendo grazie a colui, che mi ha fatto forte, ec. L'aver rammentato di sopra la grazia fattagli da Dio dell'apostolato porge occasione all'Apostolo di un tenerissimo ringraziamento a Gesù Cristo autore di tanto bene per lui, ringraziamento fondato principalmente nel paragone tralla passata, e la presente sua condizione. E con questo paragone vuol egli non solo dimostrare la sua riconoscenza verso il suo altissimo benefattore, ma ancora coll'esempio suo proprio porre sotto degli occhi di tutti gli uomini gli infiniti beni, portati al mondo dalla fede di Cristo, la quale ebbe virtù di fare in lui si grande, e impensata mutazione; onde a tanta luce si vergognassero i nuovi maestri di parlar più della legge.
Mi ha giudicato fedele, ponendomi, ec. Queste parole debbono esporsi coerentemente a quelle della prima ai Corinti, cap. VII. 25., dove egli dice, che aveva conseguito dal Signore misericordia, affinchè fosse fedele. È adunque lo stesso, mi ha giudicato fedele, che il dire, mi ha fatto fedele, ministro dell'Evangelio; imperocchè nè fedele, nè ministro egli era prima, che tale renduto lo avesse quella grazia, per la quale egli si dichiarava di essere tutto quello che era, 1. Cor. XV. 10. Dice adunque, che Cristo ha dato a lui la virtù, e la costanza, e la fedeltà pel ministero apostolico, al quale lo avea chiamato, quan d'altro non era . che un bestemmiatore degno di morte (Levit. XXV. 16. ), un persecutore della Chiesa, un oppressore de' fedeli.
Ma conseguii misericordia ec. Ma Dio ebbe misericordia di me, perchè tutto questo io feci, essendo nell'ignoranza e nell'incredulità. La miseria dell'uomo è l'oggetto della divina misericordia. Restava una gran miseria, e restava una qrande misericordia. S. Agostino.

1,14:Ma soprabbondò la grazia ec. Dove abbondò il delitto, soprabbondò ancora la grazia, Rom. V. 20.; la qual grazia fece di un lupo una mansueta e docile pecorella. La misura di questa grazia fu una misura colma, e soprabbondante, e della stessa grazia effetti principali furono la fede, e la carità in Cristo Gesù, vale a dire la fede, e la carità cristiana, soprannaturale, e divina.

1,15:Parola fedele, e degna d'ogni accettazione, ec. Verità indubitata, e accettevolissima, perchè in essa sono fondate tutte le speranze degli uomini.
De' quali il primo son io. E da osservarsi, come l'Apostolo non dice: io fui il primo, o sia il massimo dei peccatori, ma, no sono; imperocchè a gran ragione un peccatore convertito dee sempre tenere dinanzi agli occhi il suo primo stato, nel quale sarebbe sempre rimaso, se per uscirne non gli porgeva il Signore ha misericordiosa sua mano. In secondo luogo allorchè chiamasi il massimo dei peccatori, parla egli per effetto di quella stessa profonda umiltà, per cui altrove si chiama il minimo degli Apostoli, e non degno del nome di Apostolo. Ed è ancora proprio del vero penitente il giudicar con severità e rigore se stesso, e con bontà i suoi prossimi, credendo di sè il peggio, e scusando, quanto si può, gli errori altrui.

1,16:Trovai misericordia, affinchè ec. Volle il medico celeste nella guarigione di un malato disperatissimo, qual io mi era, animare la speranza degli altrui malati, quali sono per ricevere lo stesso beneficio, credendo in lui per ottenere la vita eterna. La pazienza e benignità, con la quale Cristo e sopportò i miei peccati e non mi punì, ma aspettommi a penitenza, e la stessa penitenza mi diede, e di singolari favori mi ricolmò dopo la mia conversione, insegnano a' peccatori, quale speranza sia riposta per tutti nel Salvatore di tutti. Teodor.

1,17:Al re de secoli ec. Esclamazione dettata da un cuore ardente per riconoscenza ed amore alla divina bontà pel massimo benefizio della salute conseguita in Cristo; e a gran ragione la Chiesa rinnovella ogni dì per la bocca de' suoi ministri nel cominciamento della giornata qùesto affettuosissimo ringraziamento al Signore, venendo così a rammentarci come noi pure della medesima grazia siamo a Dio debitori, per la quale sì viva e tenera gratitudine dimostrava l'Apostolo.
Re de' secoli vuol dire Re eterno: il tuo regno, regno di tutti i secoli. Psalm. CXLIV.
Invisibile: Il quale abita in una luce inaccessibile. Cap. V. 16.

1,18:Che secondo le profezie .... militi ec. L'avviso paterno, che io quasi prezioso deposito ti ho dato da custodire, si è, che secondo le rivelazioni, che furono fatte intorno alla tua persona, militi a norma di esse da buon soldato nella milizia di Cristo. Dal capo XVI. degli Atti sappiamo, che Timoteo era in gran credito di pieta, quando l'Apostolo lo prese per suo compagno ed aiuto ma ad innalzarlo all'episcopato fu mosso Paolo da particolare divina rivelazione, rivelazione probabilmente fatta non solo all'Apostolo, ma ad altri ancor de' fedeli dotati dello spirito di profezia. Vedi il Grisostomo, Ecumenio, e Teofilatto, e cap. V. 14. In tal maniera si eleggevano frequentemente i pastori della Chiesa, come si è veduto negli Atti. La vita di questi debbe essere un perpetuo combattere contro i demoni, contro gli eretici, contro i vizi, e i mali costumi.

1,19:Tenendo la fede, e la buona coscienza, rigettata la quale taluni han fatto naufragio intorno alla fede. Tenendoti fermo alla fede, vale a dire, alla sana dottrina, e conservando pura la coscienza, cioè menando vita con forme a tal fede; la qual conformità disprezzato avendo taluni, hanno fatto getto della fede. Sovente accade, che vivendo contro a' dettami della fede, si perda la stessa fede, la quale delle buone opere ha bisogno come di nutrimento, per cui si conservi, e si fortifichi contro le tentazioni, alle quali è esposta.

1,20:Hymeneo, e Alessandro: i quali ec. Dimostra l'Apostolo, come ciò, che egli ha detto nel versetto precedente, non solo è possibile, ma è cosa già avvenuta in più d'uno; e ne porta in esempio Hymeneo e Alessandro notissimi allo stesso Timoteo. Quanto al primo si crede. che egli fosse di Efeso: egli negava la risurrezione, e per conseguenza le pene, e i premi dell'altra vita. I. Tim. II. 17. Alessandro probabilmente è quell'istesso, di cui si parta negli Atti XIX. 33. 34., e nella 2. Tim. v. 14. Questi (dice l'Apostolo) io ho consegnati a satana, perchè flagellati; e tormentati da lui imparino a non bestemmiare contro la verità, e si convertano. Aveva adunque contro di questi fatto uso di tutta l'autorità apostolica, come contro l'incestuoso di Corinto, 1. Cor. V. 3. 5. Vedi quello che abbiam detto in quel luogo.

Gen Es Lv Nm Dt Gs Gdc Rt 1Sam 2Sam 1Re 2Re 1Cr 2Cr Esd Ne Tb Gdt Est 1Mac 2Mac Gb Sal Pr Qo Ct Sap Sir Is Ger Lam Bar Ez Dn Os Gl Am Abd Gn Mi Na Ab Sof Ag Zc Ml Mt Mc Lc Gv At Rm 1Cor 2Cor Gal Ef Fil Col 1Ts 2Ts 1Tm 2Tm Tt Fm Eb Gc 1Pt 2Pt 1Gv 2Gv 3Gv Gd Ap