VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
16,1:Non ti rallegrare di aver molti figliuoli, se ei sono cattivi.Il numero de' figliuoli, la loro robusta sanità, l'avvenenza e i talenti, tutto questo non può essere di soda e vera consolazione a un padre, se questi figliuoli per primo e principale loro carattere non hanno il timore di Dio. Ciò dimostra la sollecitudine, che debbono avere i genitori di istillar di buon'ora ne' teneri animi degli stessi figliuoli i sentimenti di pietà e di religione, che debbono essere loro scorta in tutta la vita.
16,2:Non tener per sicuro, ec. Perch' ei sieno di forte e robusto temperamento, non ti dar a credere, che sicura mente abbiano da aver lunga vita, onde possano propagare la tua famiglia e il tuo nome; perocchè Dio sovente de' cattivi uomini accorcia la vita: e quand'anche vivano, non fare assegnamento sopra la loro industria, onde ti lusinghi, che saranno tuo sostegno nella vecchiezza, e ti sostenteranno co' loro guadagni, ec.; perocchè da tali figliuoli tu non hai ragione di aspettarti, se non amarezze e dolori.
16,3:E meglio avere un solo figliuolo ec. La storia sacra non manca di esempi, che provano questa verità. Abramo ebbe un solo figliuolo, e quanto fu glorioso per avere un tal figliuolo, e quanto immensa fu la di lui posterità? Di settanta figliuoli di Acabbo nissuno succedette al padre nel trono, essendo stati uccisi da Jehu tutti quanti, IV. Reg. X.
16,5:Farà, che sia popolata la patria. Il saggio fonda e popola delle città; i cattivi le disertano.
16,7:Divamperà la fiamma ec. Il fuoco delle divine ven dette desolerà le nazioni disobbedienti a Dio. Allude al fuoco mandato dal cielo contro Dathan, Core e Abiron e tutti i loro compagni, Num. XVI.; e vuol significare, che la giustizia di Dio non è come la umana giustizia, la quale è sovente costretta a dissimulare e soffrire le prevaricazioni a cagion della moltitudine de' peccatori; ma Dio non è legato nè rattenuto da tali riguardi, ed egli quando è venuto il tempo delle vendette non perdona nè al nume ro grande, nè alla qualità de' rei, come il Savio dimostra ne'versetti seguenti.
16,8:Furono annientati. Col diluvio, in cui furon sommersi.
16,9-10:All'ospizio di Lot. Alla città di Sodoma, dove Lot abitava come forestiero. A motivo delle superbe loro parole. Perchè eglino con esecrabil superbia si facevano gloria delle loro abominazioni.
16,14:Non sarà ritardata all'uom misericordioso la sua espettazione. Il ladro non fuggirà colla sua rapina il gastigo meritato per la sua colpa, e il limosiniere non sarà lungamente senza ricevere il premio, che egli aspetta.
16,15:La piena misericordia preparerà ec. Vedi Matth. XXV., dove da Cristo sono chiamati gli eletti al possesso del regno eterno per le opere di misericordia esercitate nel tempo di questa vita per amore di lui.
16,16-19:Non dire: Io mi celerò a Dio, ec. Previene il Savio alcune storte ragioni degli stolti, che si lusingan talora di poter sottrarsi alla vista e al gastigo di Dio. Dicono in primo luogo: Dio è sì grande, e l'uomo è cosa sì piccola e miserabile: non è cosa degna di lui il pensare a quel che un solo particolare uomo o pensi o faccia. In secondo luogo: Dio è tanto rimoto dall'uomo, quanto è distante il cielo dalla terra: e vorrà egli abbassarsi di colassù a mirare le cose degli uomini? In terzo luogo,tra tanti millioni e millioni di uomini può ben nascondersi un uomo; perocchè così nelle vaste città alla giustizia umana sottraggonsi di continuo non pochi scel lerati. Risponde il Savio: Dio talmente vede tutte le parti del mondo, che con un'occhiata sola scuote e mette in tumulto e tremore tutte le cose. E se i cieli altissimi e il mar profondo e i monti e i colli e la terra tutta co' suoi fondamenti a un cenno di lui si scuotono, come mai tu, o uomo infelice insieme e temerario, tu, che se'(come dici) si piccola cosa, non avrai timore di tal possanza? Si allude qui a vari luoghi delle Scritture, e particolarmente dei Salmi, dove è rappresentata la Onnipotenza divina pe'suoi effetti in maniera simile a quella usata nei vers. 17.18. Vedi Psal. LXVII. 9. CIII. 32. XXVII. 8. Job IX. 5. ec.
16,20:Non v'ha cuor, che le penetri; ec. Gli uomini non sanno intendere nè apprezzar tali cose quanto ragion vorrebbe, e per conseguenza non sanno quanto Dio sia da temersi: eglino però debbon sapere, com'egli è scrutatore de' cuori, e tutte le cose sono nude e manifeste agli occhi di lui.
16,21:E le vie di lui, e la procella, ec. E chi è, che comprenda le maniere tenute da Dio nel governo delle sue creature? Chi è particolarmente, che possa intendere qual sia per essere quella terribile procella, nella quale sa ranno involti gli empi allorchè Dio alla fine del mondo farà vendetta delle loro iniquità, procella tale, che nulla di simile sarà mai stato veduto da occhio umano? questa sposizione emmi paruta la più semplice e probabile, che dar si possa alle parole della nostra Volgata.
16,22:Moltissime opere di lui sono occulte: ec. Sono superiori alla umana intelligenza moltissime opere di Dio, ma le opere della giustizia divina, che punirà un giorno gli empi in si terribil maniera, chi può degnamente rappresentarle e spiegarle? E chi sostener ne potrebbe l'immagine spaventosa? Conciossiachè i decreti di Dio non sono quali se gli immaginano gli uomini stolti; e la stessa verità, che ci ha istruiti intorno alla terribil vendetta, che farà Dio de' peccatori, la stessa verità ci ha fatto sapere, come severa disamina si farà nell'ultimo giorno di tutti i peccati degli uomini, senza che ne sia dimenticato uno solo.
16,23:L'uomo privo di cuore ec. L'uomo privo di saviezza in vece di pensare alle grandi verità della fede, al giudizio di Dio, al conto, ch'ei dee rendere di tutta la sua vita ec., in vece di pensare a tali cose, pensa alle inutilità, cioè alle vanità del secolo; e l'imprudente, che è fuori della buona strada, si pasce sol di pensieri degni di sua stoltezza. Questa sola cosa, a cui tutte debbon essere indiritte le cure dell'uomo, vale a dire la futura sorte della vita avvenire, questa non è considerata nè meditata se non da que' pochi, a'quali è stato conceduto da Dio e cuore e sapienza per intenderne la importanza: gli altri van dietro al loro fumo e alle inutilità, e pel temporale trascurano e metton in non cale l'eterno.
16,26:Distinse le loro parti. Distinse le parti del mondo creato, collocando ciascuna parte con bello e mirabil ordine al suo luogo secondo i suoi altissimi disegni. E le principali di esse secondo le specie loro. Queste parti primarie del mondo sono i cieli, il sole, le stelle, le quali hanno come il principato sopra il mondo inferiore; a ciascuna di queste parti diede la sua propria natura, le sue proprietà, i suoi movimenti ec.
16,27:Diede alle operazioni loro virtù eterna; ec. Queste opere principali di Dio ebber da lui virtù ed efficacia perenne: dal momento della lor creazione fino al dì d'oggi elle sussistono, ed operano e continuano ne' lor movimenti come da principio: il sole gettando di continuo una immensa fiumana di luce non fa vedere nè diminuita la sua massa nè alterata la sua celerità, ed egli e le stelle sono sempre stabili e infaticabili ne' loro giri: non hanno avuto bisogno di esser da Dio ristorate, come ristorano gli uomini la loro vita col cibo, non si sono stancate, e non han cessato di agire, osservando l'ordine prescritto loro dal Creatore.
16,28-29:L'una non darà impaccio all'altra ec. Nei movimenti di tanti corpi celesti non accade giammai nè con fusion nè disordine, nè si vide, o vedrassi giammai, che uno di essi dia impaccio all'altro: tutto è ordine, concerto, armonia prodigiosa ne' cieli. Da questa ammirabile costantissima e perfettissima obbedienza delle creature, che sono nel cielo, agli ordini dati loro da Dio, osserva il Savio, che dee imparare l'uomo a non essere di sobbediente alla parola del suo Signore, l'uomo (io dico), che ha senso e ragione per conoscere quello, ch'ei dee rendere a lui per tutto il bene, che ha ricevuto in se stesso e nelle creature fatte per suo vantaggio, e perchèfossero scala per esso onde alzarsi a intendere in qualche modo la maestà, la potenza, la bontà, la sapienza del sovrano Fattore.
16,30:Dopo di questo Iddio mirò la terra, ec. Dopo che ne' due primi giorni ebbe Dio create e ordinate le cose del cielo, rivolse il suo benigno sguardo alla terra, e la riempiè de' suoi banefizi.
16,31:Ciò dimostrano ec. Argomento evidente della benignità, colla quale Dio mirò e arricchì la terra, sono tutti gl'infiniti animali, che in essa vivono de' beni, che da lei nascono e quando muoiono ad essa ritornano. La terra adunque da una parte ella è come un tesoro comune per gli uomini e per le bestie infinite di numero, di versissime di specie, tesoro, da cui tutte ricavano quello, che lor bisogna per sostentamento della lor vita, trovan dovi ogni animale quell'alimento, che alla propria natura conviene: ella è d'altra parte la terra il comune sepolcro e degli uomini e degli animali.
Gen Es Lv Nm Dt Gs Gdc Rt 1Sam 2Sam 1Re 2Re 1Cr 2Cr Esd Ne Tb Gdt Est 1Mac 2Mac Gb Sal Pr Qo Ct Sap Sir Is Ger Lam Bar Ez Dn Os Gl Am Abd Gn Mi Na Ab Sof Ag Zc Ml Mt Mc Lc Gv At Rm 1Cor 2Cor Gal Ef Fil Col 1Ts 2Ts 1Tm 2Tm Tt Fm Eb Gc 1Pt 2Pt 1Gv 2Gv 3Gv Gd Ap