Salmi - 94

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VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008


Esortazione, e invito a tutti gli uomini, che adorino Cristo vero Dio, e Re grande, e a lui ubbidiscano per riguardo ai benefizj della creazione, e della incarnazione.

1Lauda, ovver cantico dello stesso Davidde. Venite, esultiamo nel Signore, cantiam le lodi di Dio Salvator nostro:
2Corriamo a presentarci davanti a lui coll'orazione, e co' salmi celebriamo le sue lodi.
3Imperocché il Signore è un Dia grande, e un re grande sopra tutti gli Dei.
4Perocché l'ampiezza tutta della terra egli tiene nella sua mano, e a lui gli altissimi monti appartengono.
5Perocché di lui è il mare, ed egli lo fece, e dalle mani di lui fu fondata l'arida terra.
6Venite, adoriamolo, e prostriamoci, e spargiamo lagrime dinanzi al Signore, di cui siamo fattura:
7Imperocché egli è il Signore Dio nostro, e noi popolo de' suoi paschi, e pecorelle di suo governo.
8Oggi se la voce di lui udirete, non vogliate indurare i vostri cuori;
9Come nel luogo dell'altercazione al di della tentazione nel deserto, dove tentaron me i padri vostri, fecer prova di me, e videro le opere mie.
10Per quarant'anni fui disgustato altamente con quella generazione, e dissi: Costoro van sempre errando col cuore.
11Ed eglino non han conosciutele mie vie; ond'io giurai sdegnato: Non entreranno nella mia requie.
Note:

94,1:Venite, esultiamo nel Signore. In questo salmo tutte queste denominazioni: Signore, Dio Salvatore, Dio Grande, Gran Re, Padrone della terra, e del mare: tutte dinotano Cristo, come ci insegna Paolo, Heb. III. 7. IV. 3. I. Cor. X. 9., e ne van d'accordo anche vari dotti Rabbini, i quali dicono, che del regno del Messia qui si parla. Debbo notare, che questo salmo recitandosi tutti i giorni nella Chiesa al principio del mattutino, si recita secondo l'antica versione italica, la quale in qualche cosa è differente dalla nostra volgata.

94,3:Imperocchè, il Signore è un Dio grande, ec. In questo e ne' due seguenti versetti si adducono le ragioni, per cui l'anima fedele debb' esser sollecita a benedire e celebrare il Signore; indi l'invito ripetesi vers. 6. e di poi si aggiungon nuove ragioni, e si finisce con grave e forte ammonizione.

94,4:L'ampiezza tutto della terra ec. Egli tiene l'ampia terra nella sua mano: espressione simile a quella d'Isaia, che dice le grandi isole, non essere riguardo a Dio nulla più, che un granello di polvere XL.15. l'Ebreo legge: Egli tiene nella sua mano le profondità della terra: lo che corrisponde a quello che segue: e gli altissimi monti ec. E le cose più profonde e nascoste, come sono le viscere della terra, e le cose più sublimi, come le altissime montagne sono nella mano di Dio. Ma quanto alla seconda parte di questo versetto l'antica versione porta: e le altezze de' monti egli vede, cioè conosce quanto sia l'altezza delle più grandi montagne, cosa, che i geometri appena con molto studio e coll'aiuto di vari strumenti arrivano a definire.

94,6:Di cui siamo fattura. Queste parole debbono intendersi non di quella creazione, per ragion della quale anche gli empi sono fattura di Dio, ma di quella nuova creazione, o rigenerazione, per cui rinasciamo in Cristo, creati da Dio per le buone opere, come dice l'Apostolo; onde siamo (com' egli dice) nuova creatura, II. Cor. V. 17, ciò si conosce evidentemente dal versetto seguente.

94,7:Popolo de' suoi pacchi. Popolo, cui egli pasce colla celeste dottrina. Cristo è il nostro Pastore, Joan. X. II. Ezech. XXXIV. 23.

94,8:Oggi se la voce di lui udirete, ec. Questo oggi significa il tempo di grazia e di salute, il tempo della misericordia e della remissione de' peccati meritata agli uomini da Cristo. Ma può riguardo a ciascun uomo in particolare quest' oggi intendersi di quel tempo (tempo sol da Dio conosciuto), dopo del quale Dio abbandona il peccatore alla durezza del suo cattivo cuore.

94,9:Come nel lungo dell'altercazione ec. Porta l'esempio degli Ebrei nel deserto per far conoscere a qual pericoli esponga la incredulità e la durezza di cuore, e il rigettare la voce del Signore. La fine degli Ebrei che altercarono con Mosè particolarmente a Raphidim, dove si trovarono in penuria di acqua (Exod. XVII.2), e tentammo Dio dicendo: È egli con noi il Signore, o non è? Exod. XVII. 7., la fine di questi Ebrei fu di essere esclusi dalla terra promessa, e di perire miseramente in quel deserto. Così tutta quella gente favorita da Dio con infinita bontà, condotta miracolosamente fuor dell'Egitto, sostenuta per tanti anni a forza di prodigi, perde colla sua durezza tutto il frutto de' benefizi di Dio, ed anche dei suoi patimenti. I Cristiani favoriti senza paragone ancor piu di quelli, obbligati ad una maggior fedeltà e riconoscenza, hanno motivi più grandi di temerei terribili effetti della loro iugratitudine verso Dio e verso il suo Cristo. Tentaron me ec. Mormorando, e mettendo in dubbio la mia providenza e la mia fedeltà nell'adempir le promesse, mi tentarono e fecer prova di me per conoscere, s' io fossi assai potente e buono per contentarli, ed essi videro gl'insigni miracoli, che io feci per essi.

94,10-11:Per quarant' anni ec. Accenna come dopo i continui e grandi e solenni benefizi di Dio, fu sempre pervicace quel popolo, e cattivo con Dio, onde egli disgustato giustamente con esso lo fece perire nel deserto, e nissuno di que' mormoratori entrò nella terra promessa. Tutti quelli, i quali nell'uscita dall'Egitto toccavano li venti anni perirono, tolto Giosuè e Caleb, e un numero di sacerdoti e Leviti. La terra promessa è chiamata da Dio sua requie, perché in questa terra data da lui al suo popolo dovea questo aver suo riposo dopo il lungo pellegrinaggio: ovvero perchè ivi dovea riposare l'Area di Dio. Quanto ai Cristiani la terra, che è l'oggetto di loro speranze, e la sede della loro requie, egli è il cielo, dove, liberi dalle afflizioni e dagli affanni della vita presente, goderanno perpetua pace e riposo in seno a Dio. Pensino adunque, e si guardino dal meritare colla lor ingratitudine, che Dio da tal requie gli escluda; perocchè infinitamente grande e deplorabile sarebbe la loro sciagura per tal privazione, dietro a cui ne verrebbe una infelicità e miseria eterna. Dove la nostra volgata mette: Per quarant'anni fui disgustato. il saltem Romano legge: Per quarant'anni fui vicino: varietà che ha origine dal doppio significato della voce greca; questa lezione vorrà dire: Per quaranta anni stetti attorno a questo popolo, conducendolo, benedicandolo, ed anche correggendolo ne' suoi trascorsi, ma senza alcun solido frutto; perch'essi furon sempre protervi. Del rimanente sopra questi versetti 8.9.10.11. vedi quello, che si è detto Heb. III. 7. 8. 9.10.11.

Gen Es Lv Nm Dt Gs Gdc Rt 1Sam 2Sam 1Re 2Re 1Cr 2Cr Esd Ne Tb Gdt Est 1Mac 2Mac Gb Sal Pr Qo Ct Sap Sir Is Ger Lam Bar Ez Dn Os Gl Am Abd Gn Mi Na Ab Sof Ag Zc Ml Mt Mc Lc Gv At Rm 1Cor 2Cor Gal Ef Fil Col 1Ts 2Ts 1Tm 2Tm Tt Fm Eb Gc 1Pt 2Pt 1Gv 2Gv 3Gv Gd Ap