VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
25,3:Tendendogli insidie per ammazzarlo nel viaggio. La Giudea era in que' tempi piena di assassini, di modo che non sarebbe stato difficile agli Ebrei di condurre a fine le loro trame. Festo probabilmente ne fu informato, e non diede orecchie alla domanda de' Giudei.
25,4:Rispose, che Paolo era custodito in Cesarea. Vale a dire, che stava bene dove era, nè era neces sario di farlo venire, perchè anche colà potevano andare gli accusatori, e farsi il giudizio.
25,8:Non ho niente peccato nè contro la legge de' Giudei, nè contro il tempio, nè contro Cesare. Non ho peccato contro la legge, avendola sempre osservata; non contro del tempio, in cui non sono entrato, se non dopo essermi purificato, e non vi ho introdotto, com' essi dicono, alcuno straniero; non contro Cesare, perchè non ho fatto, nè macchinato sedizione di sorta alcuna.
25,9:Ma Festo volendo ... disse: Vuoi tu venire a Gerusalemme, ec. Festo non aveva più la costanza, della quale avea dato saggio in Gerusalemme: comincia a pro pendere per i Giudei, ma per non parere ingiusto contro un cittadino Romano, non comanda, ma in certo modo lo prega a contentarsi di cangiare il luogo del giudizio senza mutare la giurisdizione, poichè dice: e quivi essere sopra queste cose giudicato dinanzi a me. Ma Paolo avea motivo di temere, che Festo dopo il primo passo non facesse il secondo di darlo nelle mani de' Giudei.
25,10:Ma Paolo disse: Sto dinanzi al tribunale di Cesare, ec. Paolo temeva Gerusalemme, il viaggio, e lo stesso giudice, il quale vedeva già parziale pe' suoi nemici: quindi risolutamente dice, che ha determinato di stare al tribunale di Cesare, venendo a dirgli, che il mandarlo a Gerusalemme, era quasi lo stesso, che sottrarlo alla giurisdizione di Cesare per metterlo nelle mani de' Giudei, i quali non avrebber lasciato luogo a Festo di terminare il suogiudizio, perchè lo avrebber violentemente privato di vita.
25,11:Se non è nulla di tutto quello onde questi mi accusano, nissuno può ad essi donarmi. Farli padroni della mia vita; con le quali parole tacitamente riconviene il preside.
Appello a Cesare. Questo appello era giusto, e secondo le leggi Romane, perchè Festo dava segno di esser disposto ad abbandonare un cittadino Romano, conosciuto da lui innocente, in potere degli Ebrei. I Padri riflettono, che non il desiderio della vita, ma l'amore, e il bene della Chiesa lo ispirò ad appellare a Roma, dove tanto egli doveva operare per la gloria di Cristo, come il Signore gli aveva manifestato in quella visione, cap. XVIII, II.
25,12:Avendone discorso in consiglio, ec. Con i suoi assessori.
25,13:Il re Agrippa, e Berenice ec. Agrippa II. figliuolo di Agrippa I. re di Giuda. Egli fu da principio re di Calcide, e poi della Traconitide, della Gaulonitide, e di altri paesi. Berenice era sorella di Agrippa, la quale ebbe per primo marito Erode suo zio, e di poi Polemone re della Cilicia, col quale ben presto fece divorzio. Ella ero screditatissima in materia di costumi.
25,18:Non gli opponevano delitto alcuno di quelli, che io sospettava. Festo considerato il calore, col quale gli Ebrei avevan parlato a lui contro Paolo, considerato, che Felice lo aveva lasciato in prigione, dove stava già da più di due anni, aveva ragione di credere, che non sarebbero mancati agli accusatori dei gravi, e capitali delitti da opporgli, e de' quali provarlo reo.
25,19:Dispute contro di lui intorno alla loro superstizione ec. Questo Gentile parla empiamente della sola vera religione, ma così parlavano i Romani della religione degli Ebrei, la quale non con altro nome, che di superstizione Giudaica viene rammemorata dagli scrittori Latini. Ma quello, che e più da ammirare, si è, che Festo parli in tal guisa in faccia a Agrippa e Berenice, che pur erano Giudei.
25,20:E stando io irresoluto ec. Si poteva rispondere a questo giudice, che non avendo, come egli stesso com fessa, gli accusatori provato alcun delitto commesso da Paolo, l'obbligo suo era di assolverlo a tenor delle leggi. Ma egli cerca di nascondere la sua colpa, e dice, che non essendo egli niente al fatto delle dispute vertenti tra Paolo, e i Giudei in materia di religione, era stato in certo di quello, che avesse a fare; e vuol dire, se dovesse metterlo nelle mani de' Giudei, i quali sopra tali cose lo giudicassero.
25,23:Entrati nell'uditorio. Appresso i Giureconsulti Romani uditorio significa il luogo, dove seggono i giudici.
25,26:Da scrivere al Signore. A Nerone. Il titolo di signore cominciò a darsi agli Imperadori di Roma da questi tempi in poi, avendolo accettato Nerone, benchè lo avessero rifiutato non solamente Augusto, ma anche Tiberio con pubblici editti.
Per la qual cosa lo ho fatto venire dinanzi a voi, e principalmente dinanzi a te, o re Agrippa. Vale a dire, che Agrippa, come informato delle leggi, e delle controversie vertenti tra' Giudei (imperocchè del giudaismo, e del cristianesimo ne facevano i Romani una sola religione) avrebbe potuto contribuire a metterlo al fatto delle ragioni, che potevano avere i Giudei di chieder con tanta ostinazione la morte di Paolo; sicchè mandandolo egli a Cesare, potesse ancora rendergli conto de' motivi, pe' quali era stato imprigionato.