VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
5,1:Imperocché ci è noto, che ove la terrestre casa di questo nostro tabernacolo ec. La casa di terra, nella quale di presente abitiamo non come in un fisso e stabil albergo, ma a tempo quasi in un padiglione, egli è il corpo nostro mortale; l'edificio non fatto per mano di uomo, ma eterno, secondo alcuni sarebbe lo stesso corpo diventito dopo la risurrezione glorioso, celeste, e spirituale. Ma molto meglio s. Tommaso per questo secondo edificio, che noi abbiamo subitochè il terren tabernacolo si discioglie, intese significarsi la gloria eterna; e questa sposizione, che molto bene unisce tutta la serie del ragionamento di Paolo, è appoggiata di più all'autorità del concilio di Firenze.
5,2:Per questo ancor sospiriamo, ec. Argomento, che questa nuova casa noi abbiamo non manofatta, si è, che per questo appunto noi sospiriamo continuamente, perchè di questa gloria celeste vorremmo essere rivestiti senza prima essere spogliati del corpo; ma siccome a quella non possiam giugnere, se non con lo scioglimento della casa terrestre (al qual scioglimento il naturale desio si oppone), siamo combattuti perciò quindi dai desideri inspiratici dalla grazia, e quindi dall'orrore, che naturalmente abbiamo alla morte. Parla l'Apostolo del nuovo gloriosostato del corpo nella patria celeste come di una sopravveste per significare, che ivi lo stesso corpo benchè ornato di tante nuove doti è non dimeno essenzialmente lo stesso, che portiam di presente.
5,3:Se però siam trovati ec. Avrem parte a sorte sì grande, se saremo trovati rivestiti della virtù, e delle buone opere. Questo è il senso, che alcuni danno a questo versetto. Altri poi vogliono, che questo si riferisca a quel luogo della prima a' Corinti XV. 5I. 52., e dir voglia l'Apostolo, che senza morire, e senza essere spogliati del corpo, rivestiti saremo della gloria, e della immortalità; se nell'ultimo giorno saremo trovati tuttora vivi, e rivestiti del corpo mortale. Vedi il detto luogo.
5,4:Noi, che siamo in questo tabernacolo, sospiriamo ec. Noi, che in questa carne mortale viviamo, dal peso della quale siamo continuamente aggravati, sospiriamo, perchè non vorremmo la dissoluzione del nostro tabernacolo, ma vorremmo, che senza passar, per la morte cangiato fosse, e rivestito di quella gloria, per cui la corruttibilità del corpo nostro sarà assorta, emutata in una vita im mortale. S. Agostino in psalm. 68, serm. I. 3.
5,5:Or colui, che per questo stesso ci formò, è Dio, il quale ec. Chi è, che ci ha formati per questa felicità, se non Dio? Il quale anche in pegno della stessa risurrezione ci ha dato il suo Spirito; il quale certi ci rende di aver un di quello, che bramiamo.
5,6-8:Pieni perciò sempre di fidanza, ec. Il desiderio inspiratoci dalla grazia sormonta il sentimento della natura, e perciò conoscendo, che sino a tanto che in questo corpo mortale viviamo, siamo quai pellegrini lontani dalla nostra patria, e da Dio (verso di cui camminiamo portati dall'amore di quello, che non veggiamo, ma solamente crediamo), abbiamo la buona volontà di essere piuttosto dal corpo disciolti e separati, e di giugnere a godere della presenza del Signore. Notisi che quelle parole: abbiam volontà di dipartirci dal corpo e di essere presenti al Signore, come anche quelle dei versetti I. 2. 6, evidentemente confutano l'errore di quelli, che affermavano non essere data ai santi pienamente purificati immediatamente dopo la morte la beata visione di Dio, errore condannato nel concilio di Firenze.
5,9:Sia come pellegrini, sia come ripatriati. E in vita, e in morte. Siamo assenti da Dio, e dalla casa nostra celeste (v. I.) quando siamo presenti al corpo; siamo presenti a Dio, quando dal corpo, che è la nostra terre stre casa (V, I. ) siamo disciolti.
5,10:Affinchè ciascheduno ne riporti quel, che è dovuta al corpo, ec. Quello che ha meritato nel tempo, che era nel corpo; secondo la vita, che ha menata, sintantochè è stato nel corpo mortale.
5,11:Sapendo adunque, come è da temersi il Signore, ec. Siccome però non ignoriamo, quanto siano terribili i giudizi di Dio, procuriamo di rendere persuasi gli uomini della nostra rettitudine, e della sincerità di mente nell'esercizio del nostro ministero; imperocchè ciò molto importa, affinchè ad alcuno non siano occasione di scandalo; quegli però, che intimamente ci vede, è conosce, è Dio, e spero ancora, che dentro di voi medesimi riflettendo al nostro operare ci conosciate per quelli, che ci gloriamo di essere.
5,12:Noi non ci lodiamo di nuovo.... ma diamo a voi occasione ec. Nè tali cose diciamo per onor nostro, ma per vostro vantaggio, perchè rammentandovi la irreprensibile condotta nostra, abbiate onde gloriarvi di averci avuti per maestri, e siate in grado di reprimere la burbanza di coloro, i quali dell'esterna apparenza si gloriano, e non della schietta bontà del cuore. Queste parole vanno a ferire i falsi Apostoli, i quali andavan fastosi per l'umana eloquenza, per le ricchezze, per la nobiltà, e per altre doti esteriori.
5,13:Se siamo fuori di noi, (lo siamo) per Iddio, se siamo ec. Se parliamo con lode di noi medesimi, lo che è un uscir di mente, e un dare in follia (vedi Rom. II. 28), lo facciamo per rispetto a Dio, affinchè insieme con noi di spregiata non sia la nostra dottrina, ed anche Dio stesso, di cui siamo ministri; se parliamo da saggi, e modesti, ed umili, lo facciamo per util vostro, per vostro esempio, e per non offendere la vostra delicatezza.
5,14:Imperocchè la carità di Cristo ci stringe. E ad operare in tal guisa astretti siamo dal grande ammirabile esempio della carità di Cristo, verso di noi, la quale non ci permette di trascurar cosa, che servir possa alla edificazione, e salute de' nostri fratelli. Uno è morto per tutti, e in luogo di tutti; dunque tutti in uno sono morti alla vecchia vita, morti a loro stessi, alle loro passioni, al peccato. Vedi Rom. XIV. 7. 8. Rom. VI. 4. 5. 6.
5,16:Noi pertanto non conosciamo omai alcuno secondo la carne. E se abbiam ec. Avendo detto di sopra, come i giusti si van quaggiù preparando alla gloria futura col procurar di piacere a Dio, e di essere utili al prossimo, spiega adesso, come vi si preparino ancora col recidere tutti gli affetti carnali, e perciò dice: dovendo noi vivere non per noi, ma per lui, che per noi morì; quindi è, che noi non istimiamo gli uomini secondo le qualità terrene e carnali, nè secondo gli affetti carnali, che possono legarci ad essi, non badiamo nè alle ricchezze, nè alla nobiltà, nè alla potenza, nè alla parentela, nè ad alcun'altra esterna qualità passeggera, ma gli stimiamo secondo le doti, e le qualità dello spirito; anzi se una volta non conoscemmo il Cristo se non secondo le idee carnali, sotto le quali se lo rappresentavano i Giudei, come un gran re della terra, come un gran conquistatore; ora però illustrati dalla fede in tutt'altra maniera pensiamo di lui, e più alta idea abbiamo di lui, considerandolo come Salvatore del mondo, autore della grazia ec.
Altri spiegano in altra guisa queste parole, e come se volesse dire l'Apostolo; quand'anche noi avessimo conosciuto una volta Cristo secondo la carne nel tempo della sua vita mortale, e invitati da' suoi benefizi, da' suoi miracoli lo avessimo amato allora con affetto carnale, ora però in altra guisa lo conosciamo, e con altro spirito lo onoriamo. Alcuni pretendono, che con queste parole voglia l'Apostolo attutire la vanità di alcuno de' falsi Apostoli, il quale per aver veduto, e ascoltato Cristo nella Giudea si preferiva a Paolo, e agli altri ministri del Vangelo, a' quali non era toccata tal sorte. Vedi quello, che abbiamo notato I. Cor. I. 12.
5,17:Se alcuno pertanto è in Cristo, egli è ec. Chi adunque è innestato a Cristo mediante la fede, evive a Cristo, egli è uomo nuovo, nuova creatura, ovvero nuova creazione, per mezzo di cui, come dice s. Agostino, passa l'uomo dal nulla del peccato all'essere della grazia. Sono perciò abolite le vecchie cose, o sia le cose, che appartenevano all'uomo, vecchio, come il peccato, l'errore, gli affetti, carnali. e tutto l'uomo è rinnovellato, essendo egli chiamato a servire a Dio nella novità dello Spirito, Rom. VII. 6,, novità e creazione, dice s. Agostino, più miracolosa e difficile, che il trarre dal nulla il cielo e la terra.
5,18:Ma il tutto da Dio, il quale ec. Questo gran cangiamento di cose, e tutta questa mirabili rinnovazione viene da Dio, fonte ed autor d'ogni bene, il quale ci ha seco riconciliati nel sangue di Cristo, e noi Apostoli ha destinati ad annunziare al mondo la grazia di questa riconciliazione. Così si fa strada l'Apostolo per tornare a discorrere della dignità della nuova legge.
5,19:Dapoichè Iddio era, che riconciliava.... non imputando ec. Dio era quegli, che seco riconciliava gli uomini per mezzo del sangue di Cristo: questa riconciliazione suppone la mimicizia, che era tra Dio e l'uomo per cagion del peccato; Iddio placato per la piena satisfazione offerta da Cristo dimenticò tutti i peccati degli uomini, e la nimicizia fu tolta. Può anche tradursi: Da poichè Dio era in Cristo a riconciliare seco il mondo. Dio era in Cristo, perchè questi è nel Padre, e il Padre è in lui, Jo. X. 38., e riconciliava seco il mondo per mezzo dello stesso Cristo.
Ha incaricati noi della parola di riconciliazione. A noi ha confidata la potestà, e il ministero di riconciliare gli uomini con lui.
5,20:Facciamo adunque le veci di ambasciadori ec. Cristo annunziò la riconciliazione a nome del Padre, noi la annunziamo Cristo a nome di come sostituiti da lui al medesimo ufficio, e Dio stesso è quegli, che per bocca nostra vi esorta alla riconciliazione, e di questo vi scongiuriamo per Cristo. Non può con maggiore energia esprimersi e l'ammirabile carità di Dio, il quale offeso dagli uomini manda loro ambasciatori a pregarli di pace, e la malizia degli uomini, i quali di preghiere hanno bisogno per muoversi a cercare la loro salute.
5,21:Il quale fece per noi peccato colui, che non conobbe peccato, affinchè ec. Patetica descrizione di Cristo in qnalità di mediatore della nostra riconciliazione; Dio amò talmente gli uomini, che per seco riconciliarli volle, che il Figliuol suo, che mai conobbe peccato, trattato fosse, come il massimo de' peccatori, e come se fosse lo stesso peccato, affinchè per lui diventassimo non solo giusti per la giustizia dataci da Dio, ma quasi la giustizia stessa di Dio, affinchè uniti a Cristo per la fede, e per l'amore fossimo noi quel che egli è: lo fece per noi peccato; come peccatore permise, che fosse condannato, e morte soffris se da scellerato: Grisostomo.
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