VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
17,1:Le anime prive di scienza. Le anime non illuminate dalla tua luce celeste nulla comprendono nelle stesse opere tue; quindi gli Egiziani non intesero nè i tuoi giudizi di misericordia verso il tuo popolo, di rigore verso di essi; nè videro quello che con tali giudizi e con tante maravigliose inesplicabili opere tue tu volesti far loro intendere, e caddero in gravissimo errore, e alla tua volontà ostinatamente si opposero non volendo lasciar partire gli Ebrei secondo il tuo comandamento.
17,2:Legati da catene di tenebre e di lunga notte, ec. Esprime con mirabil forza la dolorosa situazione degli Egiziani nel tempo che le tenebre duravano in tutto il loro paese: giacevano gli infelici chiusi nelle loro case, legati dalle stesse tenebre e dalla lunga notte di tre in teri giorni, non avendo coraggio di fare un passo, nè di muoversi dal sito, in cui dalle tenebre stesse furon sorpresi, trovandosi esclusi da quella eterna providenza, la quale colla luce del sole governa ed anima e favorisce le operazioni dell'uomo. Vedi l'Esodo X. 22. Non debbo tacere, che dove abbiamo tradotto: esclusi dalla eterna providenza: potremmo anche dire: i disertori dell'eterna providenza, lo che significaerebbe, che gli Egiziani oppo nendosi alle disposizioni della providenza divina, e quasi pretendendo di sottrarsi ai comandi di lei, che volea libero il popolo Ebreo, meritarono come disertori della stessa providenza di esser chiusi e legati nelle tenebre quasi in oscuro carcere, come si sarebbe fatto a de' servi fuggitivi, i quali venuti in poter del padrone si caricavano di catene e si rinchiudevano. Abbiam preferito la prima versione, perchè oltre che ella può stare colla nostra Volgata, è favorita anche dal Greco.
17,3:E mentre credono di poter restare ascosi ec. Come se dicesse: gli Egiziani faceano nelle tenebre della notte molte iniquità, sacrificando ai demoni ec., e credevano di potere tenerle occulte, perchè fatte nell'oscurità; e Dio con densissime tenebre li punisce, e perchè odiavan la luce della verità e della ragione, toglie ad essi la luce del sole; così lo stato esterno di essi rappresenta il loro interno stato pieno d'ignoranza, di cecità e di errore. Furon disgiunti... con tenebroso velo di obblivione. Erano divisi l'uno dall'altro, senza che l'uno potesse prendersi cura o pensiero dell'altro, dimenticati da' suoi, dimenticati da Dio: questo è il tenebroso velo di oblivione, onde erano coperti e circondati gli Egiziani, separati l'uno dall'altro. Turbati da eccessivo sbigottimento. il Greco porta: turbati eccessivamente da' spettri, o sia fantasmi.Se ne parla in appresso.
17,5-6:Nè il fuoco, per grande ch'ei fosse, ec. La densità delle tenebre era tale, che nissun fuoco potea bastare a romperla e dissiparla; onde irremediabili erano quelle tenebre, e contro di esse non potevano i miseri aver soccorso. Venivano bensì di tanto in tanto repentinamente certi come passeggieri lampi, non però a loro conforto, ma per maggiormente spaurirli, affinchè vedessero non di stintamente gli spettri e i fantasmi, onde non distinguen do chiaramente quel, che ciò fosse, viepiù grande e mortale era il loro spavento. Le cose, che oscuramente si traveggono al buio ordinariamente producono maggior paura.
17,7:Ed eranvi aggiunti gli scherni dell'arte magica. Con gli spettri e fantasmi, che spaventavano gli Egiziani, volle Dio, che fosse schernita e gastigata la stolta credulità loro nel dar retta ai loro maghi, e che i maghi stessi, che avevano delusi e burlati gli altri coi loro prestigi e colle false apparizioni, fossero parimente delusi e scherniti.
E i vantamenti di saviezza ec. Ed erano anche puniti obbrobriosamente della giattanza e del vanto, che si da vano di molta sapienza. Parla de' maghi, che si attribui vano uno straordinario e quasi sovrumano sapere, e furono allora convinti d'ignoranza, e si vide, che tutta la loro arte era solo impostura e inganno.
17,8:Quelli, che facevan professione ec. Questi maghi, che si promettevano di guarire gli altri dalle paure che lor facevano i prodigi di Mosè, languivano eglino stessi pieni d'infiniti e ridicoli timori.
17,9:Quantunque nulla di mostruoso gli offendesse, ec. Quand'anche nulla avesser veduto di sinistro da dare ad essi spavento, bastavano a farli morir di paura le bestie e particolarmente i serpenti, che aveano nelle loro case, dove li mantenevano e gli adoravano, e i quali tormentati dalla fame andavano e venivano e fischiavano, empiendo di orrore quegli infelici. Intorno agli animali tenuti per le case nell'Egitto vedi Erodoto lib. I. 36. ed Eliano lib. XXVII. 5.
17,10:Si eondanna colla propria testimonianza. Perocchè l'empio non temerebbe, se non sapesse esser degno di gastigo ciò ch'egli ha fatto. Vedi Job, XV. II. ec. La sperienza ha sempre fatto vedere, che l'uomo malvagio è anche timido e vigliacco.
17,11:E il timore altro non è, ec. Il timore eccessivo viene dalla mancanza degli aiuti, i quali possono sostener l'uomo e confortarlo nei grandi pericoli, i quali aiuti la ragione non perturbata potrebbe trovare. Così viene a dimostrare, come la malvagità è sempre paurosa, perchè il timore in tal guisa apprende il male creduto imminente, che ad esso soccombe, e non dà luogo alla ragione di pensare agli aiuti ed ai rimedi, che possono servire allo scampo.
17,12:È quanto meno dentro di sè ec. Ha detto, che il timore è privazione e abbandonamento degli aiuti, che po trebbono ritrovarsi, ed ai quali si potrebbe ricorrere nel mal che sovrasta: soggiunge adesso, che quanto più è lontana, od è tolta affatto l'espettazione di qualche soc corso, tanto più si apprende il male imminente, e si ingrandisce la causa del male stesso, che è ignota, e questa stessa ignoranza accresce il timore. Nella traduzione di questo luogo ho seguito il più comun sentimento degli Interpreti. Havvi chi prendendo la voce espettazione per la cosa aspettata, cioè pel male che si aspetta, espone in tal guisa questo versetto: E mentre il mal, che si aspetta, è in sè minore, ovvero intrinsecamente è minore, la paura ingrandisce la ignota cagione, da cui viene il male stesso, che dà tormento. Questa sposizione può forse meglio con venire al testo originale, che alla nostra Volgata.
17,13-14:Quelli però in quella notte ec. Chiama notte le tenebre di tre giorni, notte intollerabile e veramenta infernale e simile alle tenebre, che nell'inferno si soffro no: in questa orribil notte gli Egiziani molestati dal sonno ove venissero alcun poco ad assopirsi, si riscuotevano per gli spaventevoli fantasmi, che tormentavano la immaginazione, o cadevano in deliquio pei terrori, onde erano sopraffatti.
17,15:Se alcun di quelli fosse venuto a cadere. Per esempio, o in una fossa o in qualsivoglia altro luogo inco modo o penoso; questi non potea muoversi, nè cangiare di sito, ma lì si dovea stare immobile, quasi fosse chiuso in istrettissimo carcere, e fosse legato con catene di ferro. Circostanza, che rappresenta vivamente la immutabilita dello stato de' dannati.
17,17-18:E il susurrare dei venti ec. Rappresenta vivamente i terrori, da'quali erano agitati gli Egiziani in quella loro orrenda notte, nella quale alla nera loro immaginazione era di tormento tutto quel che udivano, e fin quelle cose medesime, che soglion essere di diletto, come il canto degli uccelli, il zufolare dell'aura, il lento mormorare de' rivi ec.
17,19:Il mondo tutto da luce chiarissima era illuminato, ec. Le tenebre già descritte non erano se non nell'Egitto: anzi non erano in quella parte dell'Egitto dove abi tavano gli Ebrei; perocchè e da questa e dalle altre piaghe la terra di Gessen fu esente. Vedi Exod. IX. 4. 26. 20. Immagine di quelle tenebre, che dipoi gli aspettavano. Quelle tenebre rappresentavano agli Egiziani le tenebre della morte e del sepolcro, e le più orrende tenebre dell'inferno.
Erano eglino più insopportabili a loro stessi, ec. La cognizione dei loro peccati e i rimorsi della coscienza, erano per essi tormento peggiore delle stesse tenebre. Tralle tribolazioni dell'anima, tribolazione maggio re non è della coscienza de' propri peccati. August. in Psal. XIV.