VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
5,2:Dalla Siria erano usciti de' ladroncelli, ec. il mstiero di far delle scorrerie ne' paesi confinanti per far bottino, era assai in voga tra gli Arabi e tra' Soriani, e lo fu una volta anco tra' Greci, come. attesta Tucidide, Hist. lib. I.
5,5:E il re di Siria, ec. Questo re credesi che fosse lo stesso Benadad di cui è stato parlato di sopra.
E dieci mute di abiti, ovvero dieci paia di abiti. Tutto il vestito di un uomo consisteva nella tonaca e nel mantello; onde dieci mute di abiti sono dieci tonache e dieci mantelli.
5,10-11:Mandò un uomo a dirgli: ec. Eliseo, come notò s. Gregorio, lib. VII. Moral. 15., diede a vedere quanto poca cosa sieno negli occhi de' Santi tutte le umane grandezze. Egli, che non solo si lasciò vedere, ma trattò con tanta bontà una donna, non si muove per andar a veder questo capitan generale di un re gentile, che era venuto con tutto il suo accompagnamento fino alla sua porta. Naaman avea bisogno di essere così umiliato; mentre egli alla maniera di certi grandi, che tutti credono dover cedere alle loro fantasie, pretendeva insino di prescrivere il modo, che dovea tener il profeta per risanarlo.
5,12:Abano e Pharphar. Uno di questi passa dentro l'altro fuor della città di Damasco.
5,14:E restò mondo. I Padri in questo fatto di Naaman mondato dalla sua lebbra col lavarsi nel Giordano, riconoscono una bella figura del Battesimo di Cristo, per mezzo del quale l'uomo è mondato dalla lebbra de' peccati, e talmente sanata, che nessun reliquato, o di colpa, o di pena più resti per lui, ed e illuminato a conoscere e confessare il vero Dio, come lo conobbe, e lo confessa questa gentile; onde lo stesso Battesimo fu chiamato Sacramento d'illuminazione. Vedi quello che si e detto Hebr. VI. 4.
5,10:Non l'accetterò. Eliseo era povero, perocchè avea abbandonato tutte le cose sue, e vivea con discepoli poveri, conforme abbiam veduto alla fine del capo precedente: contuttociò egli rifiuta le offerte di questo convertito. Egli, come osservò s. Agostino, essendo figura di Cristo, intimò anticipatamente a' ministri dell'Evangelio, che dessero gratuitamente quello che gratuitamente avean ricevuto. Non e che sia proibito il ricevere quello che volontariamente è offerto dalla pietà de' fedeli agli stessi ministri; ma l'Apostolo, il quale imita il perfetto distaccamento di Eliseo, osservò che non e sempre spediente, ne sempre utile all'edificazione de' prossimi tutto quello che è lecito. Eliseo accettò l'ospitalità della donna di Sunam, non accettò i talenti di Naamnn; e lo stesso Apostolo, il quale si faceva gloria di annunziare gratuitamente il Vangelo, accettò talora i soccorsi, de' quali avea bisogno, secondo quella carità, la quale, mirando sempre al bene de' prossimi, fa distinguere i tempi e le condizioni delle persone, e quello che piu convenga alla gloria di Dio e all'onore del ministero. Vedi 2. Cor. X. 7. 8. 10. E' molto bella la riflessione di un dotto Interprete, il quale notando l'ammirazione risvegliata in Naaman dal disinteresse di Eliseo, dice, che questi giudicò più santa quella terra, in cui seppellivasi l'amore de' donativi, che l'acqua, in cui era stato sanata dalla sua lebbra.
5,17:Che permetta a me... di prendere tanta terra, ec. Naaman dopo il miracolo avvenuto in lui mediante le acque del Giordano, avea concepito un'idea grande della Palestina, dove il vero Dio cui egli già adorava, avea sede speciale, e dove avea fatto e faceva conoscere la sua potenza e bontà per mezzo del santi uomini, che vi abitavano. Quindi desidera di portare al suo paese tanta terra da potervi ergere sopra un altare per offerirvi i suoi sacrifizj al Signore Dio d'Israele. Quello che è qui principalmente da osservare si è, che Eliseo e soddisfattissimo di questo nuovo segno, che da il suo nuovo proselito della fede, che egli ha nel Dio d'Israele, ne gli parla di circoncidersi, ne dell'osservanza de' riti Mosaici, ne del culto esteriore ristretto al tempio e all'altare di Gerusalemme, come se Dio e il suo profeta avessero voluto darci in Naaman una perfetta figura del popolo dei gentili, i quali mondati dai lor peccati, illuminati dalla cognizione del vero Dio doveano adorarlo e servirlo per tutti i luoghi della terra, sciolti da' legami della legge di Mosè, e ricchi di quella giustizia che viene non dalla legge, ma dalla fede. Vedi Agost. Serm. 207. de temp. Del rimanente la divozione di Naaman verso la terra Santa fu imitata da molti cristiani, che ne portavano da Gerusalemme ne' loro paesi. Vedi Agost. ep. 52., Greg. Turon. de glor. Mart. Lib. I. 2.
5,18:La sola cosa, della quale pregherai tu il Signore ec. Sopra questo luogo, il quale e per se medesimo, e per le contradizioni degli Interpreti e assai scabroso, osservo in primo luogo, che Naaman era solito per suo ministero di accompagnare il suo re, dandogli di braccio, e che accompagnandolo e servendolo nel tempio non faceva in quel luogo nulla di più di quello, che per tutto altrove facesse; in secondo luogo Naaman senza rinunziare alle sue dignità e all'impiego preso del re faceva però pubblica professione della vera religione, e di non render culto ad altri, che al vero Dio; ne voleva entrare nell'adoratorio di Remmon, se non quando si trattava di servire il re: terzo, la sua azione pertanto di accompagna re il re, d'incurvarsi per sostenere il re, quando questi appoggiato a lui s' incurvava; tutto questo non era dalla parte di lui, ne poteva essere interpretato come un culto e un'adorazione renduta a quell'idolo. In tal maniera è spiegata e difesa da molti la richiesta di Naaman. Ma egli stesso vide, che quella azione rispetto non alla sua intenzione, che era pura, ma rispetto ai prossimi, che vedessero, portava seco qualche cosa di men perfetto, e che avea bisogno della tolleranza e bontà di Dio per non essere imputata a reato; onde fa istanza al profeta che preghi per lui, affinchè il Signore sopporti la sua infermità, e gli perdoni quello che vi fosse di men buono, e ne impedisca le cattive conseguenze riguardo al prossimo. Egli è tuor di dubbio, che il profeta permesse a Naaman di far quello che egli avea fatto per lo passato, e questa pefmissione assolve lo stesso Naaman' da ogni ombra d'Idolatria, intorno alla quale non ero in potestà del profeta di usare veruna condiscendenza. Abbiamo nella storia Ecclesiastica l'esempio di varj Santi, i quali hanno sofferto la morte piuttosto che entrar solamente negli adoratorii de' Pagani: abbiamo l'esempio di altri, i quali vi entravano, come valentiniano, che fu poi imperadore, il quale vi accompagnava Giuliano l'Apostata, professando però pubblicamente la sua avversione dal culto idolatrico e l'attaccamento alla fede di Cristo. Vedi Baron. ad ann. 346.
Remmon. Significa o una melagranata, ovvero una cosa elevata, sublime. Alcuni credono che questa divinita fosse Giunone, altri Venere, altri il Sole. Egli è certo che il culto di Giunone era comune nella Siria, e che questa dea si dipingeva con una melagranata in mano.
5,10:Se n' andò nella stagion migliore della terra. Nella primavera, quando la terra tutta si ravviva e si abbella. La nostra vulgata non soffre altra sposizione. Nell'Ebreo la fine di questo versetto lega col seguente, e tal'è il senso: Egli adunque si era discostato da lui quasi un miglio (ovvero un iugero di campo), e Giezi disse, ec.
5,23:E legò i due talenti ec. I due talenti ernno in verghe di argento legate insieme, le quali furono messe nei sacchi insieme colle due mute di vesti.
5,27:Ma anche la lebbra di Nauman si appiccherà a te, ec. Tu hai voluto i doni di Nauman, avrai ancora la sua lebbra; tu volovi far figura tragli uomini, e sarai separato come lebbroso, e rigettato dalla società degli uomini, e la lebbra stessa passerà a' tuoi figliuoli per molte generazioni. Giezi peccò in questo fatto di simonia, facendosi dare il denaro di Naaman in ricompensa della guarigione ricevuta; peccò di menzogna e di scandalo, dando occasione a quell'uomo convertito di fresco al Signore, di credere, che Eliseo amasse i doni e il denaro, lo che potea avvilire nel cospetto di lui il ministro e il ministero, con pericolo eziandio, ch'ei perdesse la fede.
Con lebbra simile alla neve. Lebbra pessima. dolorosissima e di sua natura difficilissima a curarsi.