VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
22,2:Il regno de' cieli è simile ec. Il regno de' cieli, o sia la Chiesa, in quanto al modo, onde in essa si adunano gli uomini, è come quando un re fa banchetto per lo sposalizio del suo figliuolo. Il re è Dio padre, lo sposo il Figliuolo suo Gesù, la sposa è la Chiesa. Le nozze sono qui il convito nuziale: e per questo convito si intende l'affluenza delle grazie celesti, delle quali entrano a parte le anime unite a Dio, e alla chiesa per mezzo della fede; ovvero si intende la parola di Dio, che è il cibo dell'anime fedeli.
22,3:A chiamare gl'invitati. Gli invitati sono gli Ebrei i quali per ministero de' profeti servi di Dio, erano stati già molto prima avvisati, e invitati a udire la parola di verità, e a credere.
22,4:Altri servi. Dopo i profeti furono mandati gli Apostoli a far l'invito.
22,5:Se ne andarono chi alla sua villa, ec. La maggior parte degli invitati preferirono i terreni interessi, i loro piaceri al pensiero della salute.
22,6:Altri poi presero i servi ec. I sacerdoti, i dottori, i capi del popolo perseguitarono con incredibil furore gli Apostoli, fecero battere Pietro, Giovanni, e Paolo più volte, uccisero Stefano, Giacomo, ec. Vedi gli Atti.
22,7:Mandate le sue milizie. Terribile profezia di quello, che dovea accadere a Gerusalemme, e agli Ebrei, de' quali nel solo ultimo assedio perirono, come racconta Giuseppe Ebreo, un milione, e cento mila, lasciando di ricordare le stragi orribili de' medesimi Ebrei fatte in diversi luoghi prima, e dopo la rovina della infelice citta.
Milizie di Dio, cioè strumenti dell'ira di Dio erano le milizie Romane mandate a vendicare gli orrendi strapazzi fatti al Figliuolo di Dio, e ai servi di lui.
22,8:Allora disse ec. Allorchè Dio vide la ostinata durezza, colla quale gli Ebrei rigettavano la parola di vita, della quale si mostravano indegni, allora ordinò a' suoi servi di portare il Vangelo alle genti. Vedi Rom. XI. II. Atti, XIII. 46.
22,10:Radunarono quanti trovarono. D'ogni tribù, d'ogni lingua, d'ogni nazione, d'ogni condizione, d'ogni sesso. Buoni, e cattivi: s. Luca dice: i poveri, gli stroppiati, i ciechi, ec. Vale a dire anche quelli, dei quali nissun conto suol farsi tra gli uomini. E lo stesso vuol dire s. Matteo con questa parola cattivi. È adunque volere di Dio, che tutti gli uomini siano invitati al Vangelo, e che a nissuno sia chiusa la porta della salute. Può anche dirsi, che sebbene i Gentili per la maggior parte erano immersi in ogni sorta di iniquità, v'erano però alcuni, che menavano una vita meno contraria a' lumi della retta ragione, e che questi siano detti buoni secondo l'umana maniera di pensare, come notò s. Agostino. Cattivi poi quelli, i quali viveano piuttosto da bestie, che da uomini ragionevoli. Ma la prima sposizione, cioè, che per queste parole buoni e cattivi si intendano tutti gli uomini di qualunque sorta essi siano, pare più semplice, e più vera. E il banchetto fu pieno: il gran rifiuto degli Ebrei, e il loro delitto fu la ricchezza del mondo, come dice l'Apostolo, Rom. XI., pel concorso delle nazioni alla chiesa.
22,11:Entrato il re per vedere ec. Affinchè nissun si credesse, che l'essere stato ammesso nella chiesa, e l'aver abbracciata la fede bastasse per esser degno di aver parte alle nozze dell'Agnello, vale a dire all'eterna felicita, per questo aggiunge Cristo, che il re entrò nella sala a vedere i convitati. Questa visita sarà fatta nel dì del giudizio. La veste nuziale, quella veste, che non hanno se non i buoni, i quali rimarranno al convito, ella è la doppia carità. Aug.
22,12:Ammutolì. Nel giudizio della verità non trovan luogo scuse, o pretesti.
22,14:Molti sono i chiamati, e pochi gli eletti. Nel numero de' chiamati si comprendono certamente anche quelli, che rigettarono l'invito, cioè gli Ebrei, ma più particolar mente quelli, i quali accettarono bensì l'invito, ma furono trovati senza la veste nuziale,e perciò furono rigettati. Siccome adunque uno fu cacciato, e molti restarono al banchetto, e con tutto ciò dice Cristo, che i chiamati sono molti, ma pochi gli eletti, con molta ragione ne inferisce S. Agostino, che per quel solo discacciato è significata tutta la massa de' cattivi, i quali nel tempo d'adesso vivono nella chiesa mescolati co' buoni, e sorpassano di numero gli stessi buoni. De gest. Pelagii lib. 3.
22,16:Con degli Erodiani. Non mi sembra credibile, che per questi Erodiani debbansi intendere uomini di quella setta di eretici, così chiamati, la qual setta fu nella chiesa Giudaica, come è riferito da s. Epifanio, e anche in un indice dell'eresie attribuito a s. Girolamo. Imperocchè questi eretici fautori del dominio di Erode, e de' Romani erano continuamente alle mani co' Farisei sostenitori della liberta della loro nazione, e nemici d'ogni straniera potestà. È adunque più probabile che i Farisei impegnassero alcuni della corte di Erode a presentarsi co' loro discepoli dinanzi a Cristo per fare a lui questa furbesca domanda. Il siro tradusse: con gente della casa di Erode.
22,17:E egli lecito, ec. Fingono, che per quietare la per plessa loro coscienza fanno questa interrogazione.
22,18:Conoscendo la loro malizia. Volevano o renderlo odioso alla moltitudine, quando approvasse il tributo pagato da lei di malissima voglia, o aver pretesto di accusarlo dinanzi a' Romani, se avesse detto, che non doveva pagarsi.
22,21:Rendete dunque a Cesare ec. L'impronta del denaro Romano, col quale si paga il tributo, ella è di Cesare (cioè di Tiberio allora regnante), e la figura di Cesare si vede, e il nome di lui si legge nello stesso denaro. Ciò dimostra, che a Cesare siete soggetti, la moneta del quale corre tra di voi, ed ha un dato valore in virtù degli editti del medesimo Cesare. Se egli adunque ha qui il sommo impero, rendete a lui quello, che al sommo imperante è dovuto. Ma per qual motivo menate voi tanto rumore sul tributo da pagarsi a Cesare, il qual tributo, quand'anche non fosse dovuto, potrebbe, pagandolo voi, farvi più poveri, ma non cattivi, nè empi; e sì poca cura vi prendete di rendere a Dio, quel che a Dio è dovuto, mentre una tal negligenza vi rende colpevoli, e odiosi negli occhi di lui?
22,29:Non intendendo le Scritture, ec. I Sadducei erano in errore, primo, perchè non capivano le Scritture; secondo, perchè i dommi insegnati nelle Scritture misuravano non colla onnipotenza di Dio, ma co' propri loro pregiudizi. Ecco il caso di tutti gli Eretici, e principalmente di quelli degli ultimi tempi, i quali leggono le Scritture come i Sadducei, ma abbandonati da quello Spirito, di cui è dono l'intelligenza delle Scritture, per propria loro perdizione le stravolgono.
22,30:Sono come gli Angeli. Sono simili non solo nella immortalità, nella beatitudine, ma anche nella purità, agli Angeli. I Padri dicono, che questa somiglianza cogli Angeli la hanno anticipatamente li vergini in questa vita, portando in una carne corruttibile l'immagine di quelli spiriti incorruttibili.
22,32:Io sono il Dio di Abramo, ec. Questi nomi Abramo, Isacco, ec. sono nomi di individui, e di persone composte di anima, e di corpo. Se adunque di questi gia passati all'altra vita dice Dio: io sono il Dio di Abramo, d'Isacco ec., ciò dimostra, che riguardo a Dio, ei sono tutt'ora vivi, perchè non altro, che un breve sonno fu la loro morte, dopo il qual sonno riunira Dio ai loro corpi le anime di que' Santi; altrimenti Dio sarebbe Dio di gente morta. Secondo questa sposizione verrebbe Cristo a provare in questo luogo la risurrezione de' corpi. Siccome però i Sadducei non solo negavano la risurrezione, ma anche l'immortalità dell'anima, mi sembra perciò più naturale il credere, che questa immortalità abbia voluto dimostrar Gesù Cristo con queste parole dell'Esodo: posta poi l'immortalità dell'anima, e per conseguenza i premi, e le pene della vita avvenire, la risurrezione eziandio de' corpi viene a provarsi. Vedi I. Cor. cap. 15.
22,37:Con tutto il tuo cuore, e con tutta l'anima ec. S. Agostino, De doctr. Christ. lib. I. 22., osserva, che con queste tre espressioni vuol significarsi, che nissuna parte di nostra vita è lasciata in arbitrio nostro, nè libero è più a noi di porre in alcuna altra cosa l'affetto nostro fuori che in Dio, ma che qualunque altra cosa all'animo si presenti da esser amata, per quel grande oggetto si ami, verso di cui con tutto l'impeto dee correre la carità.
22,44:Il Signore ha detto al mio Signore: ec. Sopra questo bellissimo luogo di Davidde verrà occasione di parlare nella lettera agli Ebrei cap. 1. 17.
22,45:Se dunque Davidde lo chiama Signore, come ec. Non in altro modo può sciogliersi questa quistione, se non col convenire, che il Messia dovea essere figliuolo di David, perchè della stirpe di lui dovea nascere secondo la carne; e dovea essere Signore di Davidde, perchè figliuolo di Dio, e Dio. Così umiliando la superbia de' suoi nemici, che si arrogavano la scienza delle Scritture, con queste stesse alla mano, li conduce fino a dover conoscere la sua divinità, cognizione si importante per la loro salute.
Gen Es Lv Nm Dt Gs Gdc Rt 1Sam 2Sam 1Re 2Re 1Cr 2Cr Esd Ne Tb Gdt Est 1Mac 2Mac Gb Sal Pr Qo Ct Sap Sir Is Ger Lam Bar Ez Dn Os Gl Am Abd Gn Mi Na Ab Sof Ag Zc Ml Mt Mc Lc Gv At Rm 1Cor 2Cor Gal Ef Fil Col 1Ts 2Ts 1Tm 2Tm Tt Fm Eb Gc 1Pt 2Pt 1Gv 2Gv 3Gv Gd Ap