VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
22,1:La festa degli azzimi, che chiamasi Pasqua. Tutta la festa, la quale durava sette giorni, prendeva il nome dal primo solennissimo giorno, che era il giorno di Pasqua; e la voce Pasqua deriva da una parola Ebraica, la quale significa transito, passaggio. Questo nome fu dato a tal festa, perchè specialmente con essa rammemoravasi quello che avvenne in Egitto, quando l'Angelo sterminatore vedendo segnate col sangue le porte degli Israeliti trapassava le loro case senza uccidere i primogeniti, i quali uccideva nelle case degli Egiziani, che non avevan tal segno. Pasqua ancora dicesi nel Vangelo l'agnello, che uccidevasi nella Pasqua, come anche da Paolo, 1. Cor. V. 7. Dice s. Luca, che si avvicinava la festa di Pasqua, quando i principi de' sacerdoti, e gli Scribi discorrevano, e consultavano intorno al modo di uccider Gesù; il che vuol significare, che quella festa era di lì a due giorni, come spiegano s. Matteo, e s. Marco; lo che s'intende, non contato il dì della festa, nè quel che correva, quando si tenne dai nemici di Cristo questo consiglio.
22,5:E convennero di dargli una somma di denaro. La somma è specificata da s. Matteo. Di questa vendita ne avean parlato i profeti; ma ella era stata anche chiara mente predetta, e coi più vivi colori dipinta nella vendita del gran patriarca Giuseppe, di cui tutta la vita fu una espressa figura di Gesù Cristo.
22,15:Ho bramato di mangiar questa Pasqua con voi ec. Gesù dice che ha bramato, e grandemente bramato, che venisse il tempo di fare quest'ultima Pasqua, e quest'ultimo convito co' suoi discepoli, perchè in questo convito, tolta l'antica Pasqua, nuovi e grandi misteri voleva loro comunicare per la salute di tutti i fedeli. Ed era conveniente, che il Sagramento del corpo, e del sangue di Cristo fosse istituito da lui prima della passione, e non dopo ch'ei fosse risuscitato, perchè lo stesso Sagramento è simbolo, e rappresentazione della morte del Signore, come dice l'Apostolo; nè prima dell'ultima cena dovea essere istituito, perchè allora stava egli per soffrire la morte; e allora conveniva, che (conforme costumasi dagli amici in occasion di partenza, o di morte) una memoria lasciasse a'suoi dell'amor suo; nè altro convito, nè altra cena più potea convenire alla istituzione medesima che la cena Pasquale, in cui colla figura si congiungesse la verità, coll'agnello della Pasqua il vero agnello di Dio offerto pei peccati degli uomini.
22,16:Non ne mangerò più, fino a tanto che ella ec. Il regno di Dio in questo luogo (come nel vers. 18.) significa lo stato della vita futura. Ed è anche noto, che una delle significazioni della Pasqua legale era la liberazione dall'Egitto. Dice adunque il Signore, che egli non più mangerà, nè berà co' suoi Apostoli, fino a tanto che nuovo cibo, e nuova bevanda mangi, e beva con essi nella vita futura, allorchè non la Pasqua legale, ma la vera perfetta Pasqua, vale a dire la festa della loro liberazione, e salvazione sarà celebrata in uno spirituale eterno convito. Si ha adunque in queste parole di Cristo l'annunzio della vicina sua morte, per cui sarebbe egli stato tolto al convitto de' suoi Apostoli, e insieme la promessa di seco riu nirli nel regno celeste, dove avrebbero goduto eternamente di sua presenza, e della stessa sua mensa sarebbono fatti partecipi, come lo erano stati nel tempo della sua vita mortale.
22,20:Questo è il calice, il nuovo testamento nel sangue mio, ec. Siccome in s. Matteo quelle parole questo è il sangue mio del nuovo testamento significano, che con quel sangue era confermato il nuovo testamento; così non altra cosa ha voluto significare s. Luca con queste parole, se non che questo calice ratifica e sigilla il nuovo testa mento di Cristo per mezzo del sangue, che in esso contiensi. Nella stessa guisa il vecchio testamento fu confermato col sangue delle vittime uccise, e sacrificate. Vedi Heb. IX. Sono ancor da notarsi in questo versetto quelle parole dopo che ebbe cenato ripetute anche da Paolo, I. Cor. XI. 25, colle quali e Luca, e Paolo hanno voluto sempre più farci intendere, che questo calice, e similmente questo pane non appartenevano a quella comune cena, la quale serviva al nudrimento del corpo.
22,21:Del rimanente ecco che la mano ec. Paragona tacitamente co' suoi benefizi la empietà, e perfidia verso di sè dell'iniquo discepolo, che lo tradiva. S. Agostino da questo luogo inferiva, che Giuda ricevè insieme cogli altri il corpo, e il sangue di Cristo, mangiando, e bevendo la propria condannazione.
22,24:Chi di essi paresse essere il maggiore. Rinnovano questa disputa mossa già altre volte, perchè, stando per morire il loro maestro, bramavano di sapere chi in luogo di lui dovesse essere loro capo, ovvero chi dovesse avere il primo posto in quel regno, che essi credevano doversi fondare da Cristo sopra la terra.
22,25:Si chiamano benefattori. Prendono de' titoli magnifici di benefattore, o sia evergete, il qual nome portarono in que' tempi due Tolomei in Egitto; e del secondo di questi dice Atenco, che gli Alessandrini lo chiamarono più ve racemente cachergete, cioè malfattore.
22,27:Io sono tra voi come uno, che serve. Avea lavato loro i piedi; e sempre, essendo a mensa con essi, era so lito di spezzare, e dispensare il pane, come si vede in più luoghi del Vangelo.
22,28-29:Avete continuato a star meco ... E io dispongo ec. Perchè disputate tra voi di preminenza, e di superiorità? A voi tutti è preparato luogo d'onore, e di dignità, a voi, dico, i quali nelle contradizioni, e ne' mali trattamenti, che ho dovuto soffrir da' Giudei, non mi avete lasciato, come altri hanno fatto; quindi siccome è disposizione del Padre, che al mio regno io giunga per mezzo di molte tribolazioni; così per la via delle tribolazioni in esso entrerete anche voi, e diverrete partecipi di tutti i beni della mia casa, e avrete con somma gloria con giunta un'altissima potestà, costituiti con me giudici di tutte le tribù d'Israele nell'ultimo giorno.
22,31-32:Simone, Simone, ecco che Satana ec. Data a tutti una gran lezione di umiltà in tutto quel che precede, viene ad accennare Gesù colui, che egli ha destinato capo del collegio Apostolico, e di tutta la chiesa in suo luogo. Imperocchè ciò evidentemente conoscesi dal vedere, come a questo Apostolo ei si rivolge, e predicendo le tentazioni, colle quali il Demonio avrebbe cercato di sperdere tutto quel piccol gregge, per Pietro in particolare dice di aver pregato, e a lui comanda, che ravveduto confermi e rianimi i fratelli. E certamente per gli altri Apostoli ancora Cristo pregò, come si vede in s. Giovanni, cap. XVII.; ma per Pietro singolarmente pregò, non solamente perchè egli doveva essere più degli altri tentato, ed era ancora per cadere; ma perchè era capo degli altri, e gli altri confermar dovea nella fede. Pregò adunque per Pietro, affinchè non venisse meno la fede di lui, quella fede, per cui fu già egli detto beato da Cristo, e ehiamato pietra, sopra di cui sarebbe fondata la Chiesa; e siccome fu certamente esaudito Gesù dal Padre, dee perciò credersi, che la fede di Pietro mai non manco, non patì eclisse, come dice il Grisostomo; perchè quando anche rinnegò il suo Maestro, colla bocca lo rinnegò per timore, non col cuore lo rinnegò.Che se alcuno de' Padri, come s. Ambrogio, dissero, che Pietro perdesse la fede, o che la fede di Pietro perisse, queste espressioni non altro significano, se non che, necessaria essendo per la salute la confession della bocca, come dice Paolo, la negazione di Pietro fu un vero peccato d'infedeltà. Quello poi, che per Pietro, capo degli Apostoli, e di tutta la Chiesa fu detto, a tutta la Chiesa si estende, ed anche alla cattedra di Pietro, e ai successori di Pietro, de' quali ancora la fede non mancherà. Così tutti i Padri.
22,36:Chi ha una sacca, la prenda ... e chi non la ha (la spada) venda ec. Dicendo Cristo agli Apostoli, che a differenza di quello, che avean praticato sempre per l'avanti, era questo il tempo di portare non solo la sacca, e la borsa, ma anche la spada, e di comperar questa spada, se alcuno non l'avesse, anche col vender la tonaca, viene a significare, che, laddove quando gli mandò sprovvisti di tutto a predicare, nulla loro mancò, adesso poi il furore della persecuzione contro di essi sarà tale, che necessario si creda non solo di portare la sacca, e la borsa, ma di provvedersi ancor di una spada per difendere la propria vita. Non vuole adunque insinuare adesso Gesù a' suoi Apostoli la sollecitudine del proprio mantenimento, e della propria difesa, le quali cose avea loro insegnato di rimettere alla providenza del Padre; ma volle significare la violenza dell'imminente tribolazione, nella quale (secondo la maniera di pensare degli uomini) si sarebbe dovuto attendere a tutti que' preparativi. Questa maniera di parlare non fu intesa dagli Apostoli come si vede in appresso.
22,38:Non più. Vedendo, che i suoi Apostoli, non capivano le sue parole, rompe il discorso senza voler saper altro, correggendo non solo con questa parola, ma molto più coll'aria del volto la loro ignoranza. Il Grisostomo crede, che le due spade, o coltelli gli avessero portati gli Apostoli per uccidere, e spezzare l'agnello pasquale.
22,43:E gli apparve un Angelo ec. Questo versetto, e il seguente vi fu chi ebbe ardire di toglierli dal Vangelo per istrana pietà, credendo, che mal convenisse alla maestà dell'unico Figlio si l'aver bisogno del conforto di un Angelo, e sì l'interiore terribil combattimento, per cui sudò sangue. Chi in tal guisa pensò, non riflettè certamente, che molte altre cose bisognerebbe togliere dal Vangelo, se dovesse togliersi tutto quello, che alla corta nostra ragione incompatibil sembra colla sovrana grandezza di Gesù Cristo. Ma ciò, che i superbi deridono, o non intendono, è indicibilmente prezioso agli occhi della fede. In nissuna altra cosa (dice s. Ambrogio) io ammiro maggiormente la pietà, e la maestà di lui, ed ei non avrebbe fatto tanto per me, se non avesse preso anche i miei sentimenti. Per me adunque si attristò, e posta da parte la dilettazione della eterna divinità, senti il tedio di mia fiacchezza. Non deroga adunque alla grandezza di Cristo la tristezza, che egli volontariamente patì alla vista degli imminenti suoi patimenti, e della sua morte, come ad essa non derogano le altre infermita, e la stessa morte, le quali insieme coll'umana natura volle per amore di noi prendere sopra di sè; ed ei dovette (come dice l'Apostolo) essere in ogni cosa simile ai fratelli, si milmente tentato in tutto, tolto il peccato, Heb. II. 17. IV, 15. E questo stato di infermità, a cui egli volle di scender per noi, fu il principio della robustezza, e del coraggio, col quale tanti de' suoi fedeli soffrirono i tormenti, e la morte per lui. L'Angelo spedito dal cielo a confortare Gesù ci fa vedere, come la providenza non sara mai dimentica di consolare i fedeli ne' loro affanni tollerati per amore di Cristo.
22,53:Questa è la vostr'ora, e la balia delle tenebre. Questo è il tempo, nel quale a voi, e al principe delle tenebre (il quale di voi si serve, come di ministri della sua rabbia) è permesso di fare tutto quel che vorrete contro di me.
Da ora in poi sarà ec. Passato che sia questo tempo di umiliazione, sarà esaltato il Figliuolo dell'uomo fino alla destra del Padre.
22,71:Abbiamo noi stessi udito dalla sua propria bocca. Si sottintende la bestemmia, la qual parola gli Ebrei non solevano pronunziare; ma la espressero s. Matteo, e s. Marco.
Gen Es Lv Nm Dt Gs Gdc Rt 1Sam 2Sam 1Re 2Re 1Cr 2Cr Esd Ne Tb Gdt Est 1Mac 2Mac Gb Sal Pr Qo Ct Sap Sir Is Ger Lam Bar Ez Dn Os Gl Am Abd Gn Mi Na Ab Sof Ag Zc Ml Mt Mc Lc Gv At Rm 1Cor 2Cor Gal Ef Fil Col 1Ts 2Ts 1Tm 2Tm Tt Fm Eb Gc 1Pt 2Pt 1Gv 2Gv 3Gv Gd Ap