VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
16,1:Eravi un ricco, che aveva un fattore, ec. Tutti gli uomini son quasi economi, e per così dire, fattori dei beni confidati loro da Dio; e l'economia, della quale in questo luogo si parla, generalmente comprende tutti gli uffizi, e doveri dell'uomo cristiano, e più particolarmente il buono, e retto uso delle ricchezze, le quali non con altro fine son date da Dio, se non perchè servano all'acquisto de' beni eterni. Il dispensatore infedele è accusato appresso Dio dal Demonio, Apocal. XII. 10.
16,8:E' il padrone lodò il fattore infedele, ec. Non fu lodata l'ingiustizia, e la frode, ma l'industria, colla quale seppe il fattore provvedere a' casi suoi. Se adunque il padrone lodò l'industria, benchè congiunta col l'ingiustizia, e col suo proprio danno, molto più saran lodati da Dio coloro, i quali seguendo l'ordine della sua providenza avran procurato di farsi amici i poveri. Figliuoli del secolo sono quegli, i quali tutte le loro cure rivolgono alle cose presenti; e questi son nelle tenebre, e privi di ogni buon lume di retta ragione, perchè se alcuna cosa vedessero, più all'avvenire, che al presente dirizzerebbero le loro sollecitudini; onde di essi sta scritto: Sono ignoranti, sono privi del bene dell'intelletto, camminano all'oscuro, Ps. LXXXI. Figliuoli della luce sono quegli, i quali, mediante la dottrina Evangelica, di lume, e di intelligenza sono stati arricchiti, onde conoscere la retta via, per cui alla vera felicità si giunge; benchè purtroppo sovente o se ne ritirino, o con poco fervore la battano: onde dice, che nel loro genere, vale a dire quanto alla sollecitudine pe' loro temporali interessi, sono più industriosi gli amatori del secolo, che i figliuoli, e amatori del Vangelo pe' beni spirituali.
16,9:Per mezzo delle inique ricchezze; ec. Inique chiama Cristo le ricchezze, o perchè sovente son frutto della iniquità, come notò s. Girolamo, ovvero perchè servono come di strumenti all'iniquità.
Vi dian ricetto ne' tabernacoli eterni. Si dice, che i poveri danno ricetto nel cielo a' loro benefattori, perchè a motivo della carità usata a quelli saranno gli stessi benefattori ricevuti nel cielo da Cristo, il quale tiene per fatto a se stesso quello che è fatto pei poveri. Vers. 2 Cor. VIII. 14.
16,10-11:Chi è fedele nel poco, ec. Parla qui il Signore secondo la comune maniera di pensare, e di agire degli uomini, i quali soglion far prova della fedeltà di un uomo nelle piccole cose prima di fidarsene nelle maggiori, e per impegnarci sempre più a far buon uso de' beni temporali ragiona così: se nella dispensazione delle ricchezze terrene (le quali piccola cosa sono dinanzi a Dio, anzi non son nemmeno vere ricchezze) non sarete fedeli, se non le impiegherete secondo la volontà del padrone, che ve le ha date, non sarete nemmen fedeli, e giusti nell'uso delle vere ricchezze, e dei doni spirituali, i quali sono i veri beni dell'uomo.
16,12:E se non siete stati fedeli in quel d'altri, ec. Dice, che cosa non nostra, ma d'altrui sono le ricchezze temporali, le quali con tanta facilità sono tolte a noi, e alle quali noi in un momento siam tolti, e a noi sono date, perchè in sollievo altrui le adoperiamo. Cosa nostra sono i beni spirituali, i quali non possono esserci tolti; i quali soli portiam sempre con noi anche nel cielo, e ci fanno beati. Chi adunque posto per dispensare la roba non sua, ma di altrui, sarà infedele, sottraendola o in tutto, o in parte a quegli, a' quali secondo i principi della ragione, e della fede ella è dovuta, merita, che non gli siano fidati da Dio i beni migliori, e i veri tesori dell'uomo.
16,14-15:Erano avari, ... e si burlavano di lui. Quadra a costoro quel detto di Paolo: L'uomo animale non capisce le cose dello spirito, conciossiachè sono per lui stoltezza, 2. Cor. II. Non capivano costoro queste dottrine di Cristo: che i ricchi sono non assoluti padroni, ma dispensatori delle ricchezze; che chi ne ha, dee cercare di farsi con esse amici i poveri; che non si può attendere ad accumulare i beni terreni, e insieme a servire Dio. Alla stessa maniera il mondo ha avuto, e avrà sempre degli uomini superbi, iracondi, avari, impudichi, i quali si burleranno degl' insegnamenti Evangelici sopra l'umiltà, la mansuetudine, la misericordia, la continenza; ma Cristo severamente riprende, e mortifica questi derisori, dicendo: Quello, che è sublime secondo gli uomini, è abominevole avanti a Dio: Voi vi pavoneggiate della stima, che di voi fanno gli uomini: colui, che dee giudicarvi, egli è Dio, ed egli è scrutatore de' cuori; e avviene sovente, che appunto quello, che è maggiormente ammirato dagli uomini (i quali non ba dano, se non al di fuori), sia abominevole negli occhi di Dio.
16,16:La legge, e i profeti sino a Giovanni. Seguita a confutare i Farisei, i quali si burlavano di sua dottrina. Dai profeti, e dalla legge è stato istruito il popolo intorno ai voleri di Dio sino alla venuta di Giovanni con insegnamenti, e precetti adattati al tempo d'infanzia, per così dire, al tempo, in cui questo popolo dovea condursi collo spirito di timore: da Giovanni in poi comincia a predicarsi apertamente il regno de' cieli; vale a dire, si annunzia, e si propone al futuro popolo del Vangelo l'acquisto non di una terrena felicità (come già nella lettera della legge), ma l'acquisto de' beni celesti, ed eterni. Questa nuova predicazione pertanto esige più perfetta giustizia, e pone come per fondamento il disprezzo de' beni terreni. E quantunque alla vostra ignoranza, e alla vostra superbia tali insegnamenti paiano degni sol di disprezzo; sappiate però, ch'io veggo già, e profetizzo, come in gran numero saranno quegli, i quali con gran fervore concorreranno all'acquisto di quel regno, e faranno forza per entrarvi gli uni prima degli altri, e abbandoneranno di buona voglia i genitori, i parenti, le case, le possessioni, e rinnegheranno anche se stessi per aver parte a quel regno.
16,17:E' più facile, che passi il cielo, ec. Affinchè per ragione di quello, che egli avea detto (la legge, e i profeti sino a Giovanni ) non prendessero que' maligni uomini occasione di accusarlo come distruttor della legge, afferma, che la legge ha da essere infallibilmente adempiuta in ogni sua benchè minima parte, essendo egli venuto non a toglierla, ma a perfezionarla. Vedi Matth. v. 17.
16,18:Chiunque ripudia la propria moglie, ec. Con illustre esempio dimostrasi, come Cristo perfezionò la legge, vietando quello, che nella legge non era lodato, nè ap provato, ma tollerato solamente, e permesso agli Ebrei per la durezza de' loro cuori, come è detto Marc. x. 5.
16,19:Egli era un cert'uomo ricco, ec. Con questa ancora o sobria, o parabola viene a dimostrare la terribil vendetta, che farà Dio del mal uso delle ricchezze; di mostra ancora, quanto stoltamente gli uomini faccian consistere la loro felicità nelle grandezze, e ne' piaceri di questa vita, e come massimo de' mali abbiano in abominio la povertà, o le afflizioni presenti; e finalmente con illustre esempio è giustificata la providenza, la quale consola, e rimunera finalmente la pazienza de' poveri, e punisce la superbia, e la durezza inumana dei cattivi dispensatori delle ricchezze.
16,20:Per nome Lazzaro. Si vede (come osserva s. Gregorio) che non allo stesso modo pensano Dio, e gli uomini. Dei nomi de' poveri, e particolarmente di que' poveri, che siano simili a Lazzaro, nissun conto è tenuto dagli uomini: i ricchi, i facoltosi solamente son nominati quaggiù con onore. Tutto va al contrario dinanzi a Dio. Egli tien conto del nome dei poveri, e degli afflitti, ignoti, e disprezzati dal mondo; e non fa alcun caso dei nomi e delle distinzioni dei grandi e dei felici del secolo. Del ricco si dice: Egli era un cert'uomo ec.; del mendico si esprime il proprio nome, perchè scritto già nel libro della vita.
16,21:E niuno gliene dava. Le miserie di Lazzaro erano aggravate dalla crudeltà del ricco, il quale profondendo senza misura nella vanità, e ne' propri piaceri non si degnava di ricordarsi di questo infelice giacente alla porta di lui, il quale con maggior benignità era trattato dai cani, che dagli uomini.
16,22:Il mendico morì ... Morì anche il ricco, ec. Morì prima il povero, accelerandogli Dio la morte per più presto ricompensare la sua pazienza: morì anche il ricco, a cui nulla servi tutta la sua opulenza per sottrarsi a questo fine comune, che tutti agguaglia: ma quello, che dopo la morte dell'uno, e dell'altro succede, molto maggior differenza pone tralla condizione dell'uno, e dell'altro, che non fu nel tempo della lor vita. Il povero è portato per ministero degli Angeli nel sen d'Abramo; il ricco è sepolto nell'inferno. Il seno d'Abramo è posto per significare un luogo di riposo, e di onore presso ad Abramo padre di tutti i Giudei secondo la carne, e padre di tutti i giusti secondo lo spirito; e vuolsi far intendere, che da Abramo fu ricevuto Lazzaro nel con sorzio dei Santi, e fatto partecipe della quiete, di cui godeva quel patriarca nella speranza del gaudio del regno celeste, a cui dovean essi passare, aperto che fosse il cielo mediante la morte di Cristo.
16,23:E alzando gli occhi ec. Quello, che dicesi del ricco, che alzò gli occhi, parlò, pregò, ec. rappresenta i movimenti dell'animo di quell' infelice.
16,25:Tu hai ricevuto del bene nella tua vita, e Lazzaro ec. È degna di gran riflessione questa risposta di Abramo, colla quale, come dice s. Basilio, si dà a vedere, quanto sia da temersi la vita molle, e delicata, la quale diede all'inferno questo ricco; e quanto preziosi siano agli occhi della fede i patimenti, e le afflizioni tollerate per amore di Dio, le quali a fine sì alto, e beato conducono.
16,26:Un grande abisso è posto ec. Vuole con questo significare non tanto la distanza di luogo, quanto l'immutabilità dello stato dei Santi, e de' reprobi, separati i primi dai secondi in eterno per invariabil decreto di Dio; al qual decreto conformandosi i Santi non vogliono porgere a' dannati alcun refrigerio, e quando (per impossibile) volesser farlo non potrebbero.
16,27:Ti prego... o Padre, che tu lo mandi ec. Questa preghiera non nasce da carità, ma dall'amor proprio: perch'ei sapeva (dice un antico Interprete), che, dannandosi i suoi fratelli, sarebbe cresciuta la sua miseria, ed egli avrebbe portato la pena di avere co' suoi pravi esempi contribuito alla lor perdizione.
16,29-31:Hanno Mosè, e i profeti: ec. Per credere, e temere l'inferno non dee aspettarsi, che risusciti qualche morto, il quale renda testimonianza delle pene, e de' premi della vita avvenire; se la parola di Dio, quella parola, la quale ha fermezza, e autorità infinitamente maggiore, che la testimonianza di un morto risuscitato, se questa parola non basta, sarebbe inutile a persuadere l'empio anche tutto quello, che dir potesse un morto risuscitato. Gli Ebrei non credevano a Cristo, di cui la missione divina era comprovata da tutto quello, che aveano scritto Mosè, e i profeti. Gesù risuscita anche un morto, e si di chiara, che a questo fine il risuscita, affinchè tutti credano, che il Padre è quegli che lo ha mandato, Jo. XI.42.; ma dopo il risuscitamento di un morto tanto poco in lui credettero i suoi nemici, che pensarono fino a uccidere questo testimone della verità predicata da Cristo. Colla stessa pertinacia, e ostinazione di cuore, con cui gli empi si burlano delle minacce della Scrittura, si burleranno eziandio delle apparizioni de' morti.
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