Giona - 2

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VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008


Giona è ingoiato da un gran pesce, dentro di cui egli sta per tre dì, e tre notti; ed ivi fa orazione al Signore, il quale fa, ch'ei sia renduto alla terra.

1E il Signore avea preparato un gran pesce, affinchè questo ingoiasse Giona: e Giona stette nel ventre del pesce tre dì, e tre notti.
2E dal ventre del pesce Giona ricorse al Signore Dio suo;
3E disse: Nella mia tribolazione ho alzata la mia voce al Signore, ed egli mi ha esaudito: dal seno del sepolcro ho gridato, e tu hai esaudita la mia voce.
4E tu mi hai gettato nel profondo, nell'abisso del mare, e le acque mi circondarono; tutti i tuoi gorghi, e tutti i tuoi flutti mi han ricoperto.
5E io dissi: Sono stato gettato lungi dal guardo degli occhi tuoi: con tutto ciò io vedrò di bel nuovo il tuo tempio santo.
6Mi han circondato fino all'anima le acque; l'abisso mi ha serrato, il pelago ha sepolto il mio capo.
7Sono sceso sino ai fondamenti delle montagne: le sbarre della terra mi hanno rinchiuso per sempre; ma tu dalla corruzione trarrai la mia vita, o Signore Dio mio.
8Nelle angustie dell'anima mia mi son ricordato del Signore, per rivolgere la mia orazione a te, al tuo tempio santo.
9Coloro, che inutilmente rispettano le vanità, abbandonano la loro misericordia.
10Ma io la voce di laude offerirò a te in sacrifizio: renderò al Signore tutti i voto fatti per la mia salvazione.
11Or il Signore fece comando al pesce, e questo vomitò Giona alla riva.
Note:

2,1:Il signore area preparato un gran pesce. I LXX dettero a questo pesce il nome di ceto e cosi pure è chiamato Matt XII. 10., il qual nome sebbene da alcuni naturalisti si restringa a quella specie di pesci, i quali mettono vivi alla luce i loro parti, e respirano veramente, come dotati dell'istrumento della vera respirazione, che e il polmone, comunemente però a tutti i grandi animali marini è dato lo stesso nome di ceto. Questo gran pesce, che ingoiò il Profeta, da moltissimi si crede che fosse una balena: da altri si crede quello, che fu detto carcaria, cioè cane: da' naturalisti, e dagli Italiani, lamia; e questo pesce, che non è propriamente del genere de' cetacei, è pesce grande, voracissimo, che mangia gli uomini, ed ha bocca e gola assai vasta, come può vedersi presso l'Aldovrandi, De piscibus lib. 3. cap. 32. Ne è stato veduto alcuno, che avea nel suo ventre un uomo intiero. A credere, che fosse piuttosto un cane marino, che una balena, inclinano i naturalisti, non perchè le balene non sieno pesci ugualmente vasti, e voraci, ma perchè dicon essi, che la balena ha gola, e ventricolo meno ampio del cane marino. Converrebbe però vedere, se ciò si verifichi in primo luogo nelle maggiori balene, e in secondo luogo ancora se e la gola, e il ventricolo della balena non possa dilatarsi, e dilatarsi anche molto, come succede riguardo a queste parti negli altri animali. Ma o fosse balena, o fosse lamia quel gran pesce, da cui Giona fu ingoiato, a chi domandasse a noi in qual modo egli in primo luogo nel ventre di un tal pesce non fosse consunto, secondo come ivi potesse vivere tre dì, e tre notti, terzo come in quella scomodissima, e dolorosa prigione egli potesse non solo vivere, ma essere in se, e col cuore almeno lodare Dio; noi risponderemo con s. Girolamo, che tutto ciò fu opera di Dio, come fu opera di pio, il conservare illesi e vivi, e pieni di spirituale letizia tragli ardori di violentissimo fuoco i tre fanciulli di Babilonia. Quanto a' tre giorni, nei quali Giona stette nel ventre del pesce, è molto probabile, che questi giorni debbano intendersi come quelli, ne' quali Cristo (di cui Giona fu figura, come diremo) si stette nel sepolcro, viene a dire, ch'ei vi stette una parte del primo dì, e tutto il secondo, e una parte del terzo. Giona adunque gettato nel mare, e sepolto nel seno della balena, profetò col fatto, quel che dovea esser del Cristo sommerso nelle acque della passione, e per tre giorni sepolto nel seno della terra, e dopo i tre giorni risuscitato; e come Giona renduto alla terra, va a predicare la penitenza a un popolo di Gentili; cosi il Cristo risorto da morte pe' suoi Apostoli predica, e annunzia a tutte le genti il Vangelo della salute. Ed ecco una delle ragioni, pelle quali volle Dio operare sì gran miracolo, anzi un complesso di miracoli, nella persona, e nel fatto di Giona; volle cioè dare a noi una bella, e viva figura della risurrezione del Salvatore, e degli effetti, che ne seguirono, e insieme una bella e viva figura della risurrezione di tutti gli uomini, della quale lo stesso risorgimento di Cristo fu insieme il modello, e il principio; onde la futura risurrezione della carne quindi ne inferirono s. Ireneo cont. haeres. V. 5., e Tertulliano de resur. carn. 58. Un altro fine ancora, che potè avere in questo grandissimo avvenimento la providenza, si fu di disporre con tal meraviglia i Niniviti ad ascoltare, e credere alla predicazione del Profeta. Imperocchè quale impressione dovea fare su' cuori di quella nazione il vedere e udire un uomo, il quale uscito dal suo tetro sepolcro, nel quale con inaudito prodigio era stato serbato in vita, invitava alla penitenza, e minacciava i gastighi del cielo agl'increduli? Imperocchè non dobbiam dubitare, che dello stesso avvenimento si spargesse ben presto la fama per ogni parte, e ne abbiamo assai chiaro argomento in quello, che del loro Erco le favoleggiarono i poeti Gentili, dicendo, che cgli fosse ingoiato da una balena, e dal ventre di essa uscisse vivo, e sano dopo i tre giorni: perocchè ognun sa, come spesse volte le antiche storie, e i fatti stessi nelle sagre lettere registrati, furono mascherati, e trasportati ai loro eroi da' Greci Scrittori, portati mai sempre ad alterare colle loro finzioni le vecchie tradizioni e memorie. Vedi Teofilatto, e il capo III. 5.

2,2:E' dal ventre del pesce Giona ricorse al Signore. Dio sovente mette nelle angustie i suoi servi, affinchè con maggiore affetto ricorrano a lui, e tosto gli aiuta, e gli consola.

2,3:Ed egli mi ha esaudito. Giona, dopo che ha invocato il suo Dio, si trova già pieno di sì dolce e ferma speranza in lui, che lo ringrazia, e lo benedice pel beneficio grande della sua conservazione; perocchè egli tiene per certo, che in quella sua prigione, in quell'orrido se polcro Dio lo manterrà vivo e sano, e lo condurrà all'adempimento de' suoi disegni. Questo cantico di Giona è somigliante in gran parte al salmo di Davidde LXVIII., e in qualche luogo al XLI.

2,5:Vedrò di bel nuovo il tuo tempio santo. Non è dubbio, che Giona benchè fosse nato, e vivesse tralle dieci tribù, frequentasse nondimeno il tempio di Dio in Gerusalemme, come da molti pii uomini dello stesso regno si costumava.

2,6:Mi han circondato fino all'anima le acque. Quello, che Davidde Ps. LXVIII. 2. dice in senso allegorico, lo dice in senso letterale Giona, perocchè le acque e dentro e fuori lo assediavano, per così dire, quasi fino ad annegarlo, a sopraffarlo, e ucciderlo.

2,7:Sino ai fondamenti delle montagne: le sbarre della terra ec. Dicesi che i grandi mostri marini stieno per lo più verso le parti del mare sottoposte ai grandi monti, perchè ivi il mare è più profondo. Giona adunque dice, che egli nel ventre del pesce suo albergatore è disceso sino alle radici de' monti, e sino alle sbarre della terra, dentro le quali sarebbe stato sempre rinchiuso, se Dio non lo avesse di là tratto, salvandolo dalla morte, e dalla corruzione. Ma non sembra egli, che il Profeta ri schiarato dallo spirito del Signore non tanto in persona propria, come in persona del Cristo pronunzi queste parole? Ma tu dalla corruzione trarrai la mia vita o perocchè elle sono simili a quelle, che Davidde messe in bocca a Gesù Cristo: Non permetterai, che il tuo santo vegga la corruzione. Psal. XV. 10., e a queste pare, che egli alluda visibilmente.

2,8:Al tuo tempio santo. Al cielo, donde tu mi ascolti e mi esaudisci.

2,9:Coloro, che inutilmente rispettano le vanità, ec. Le vanità sono i falsi dei, i simulacri, a' quali inutilmente rendevasi onore. Quelli, che a tali dei rendon culto, abbandonano il vero Dio, che è misericordia e benignità, e carità degli uomini. Sembra alludere a quelle parole di Davidde: Dio mio, mia misericordia. Ps. CXLIV. vers. ult. Altri più generalmente interpretano: Abbandonano la misericordia di loro stessi, sono crudeli verso se stessi. Ed è cosa degna di ammirazione, che il Profeta nel profondo del mare, nel ventre della gran bestia, coperto di tetra notte pensi ancor più, che a se medesimo, alla cecità degli uomini, i quali lasciato il vero Dio, ponevano i loro affetti in cose sì inutili, e sì spregevoli; e quello che si dice degli idoli de' Gentili, molto bene si applica ancora alle vane, e ree cupidità degli uomini, per le quali perdono Dio, e la sua misericordia.

2,11:Vomitò Giona alla riva. Come se non Giona patisse di essere in quella prigione, ma il pesce patisse di tener Giona, e ne fosse aggravato; onde è detto, che lo vomitò. E quanto bene ciò si adatta a colui, che in Giona fu figurato, e il quale disse: O morte, sarò io tua morte ec., Osea XIII. 14., perchè egli datosi volontariamente tralle mani di morte, non solo la costrinse a restituir sè alla vita, ma uccise la stessa morte, e divenne per noi salute, vita e risurrezione.

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