VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
29,1:Chi mi darà. Ch'io ritorni ec. Giobbe veggendo. che i suoi amici nulla aveano da opporre al suo ragionamento, ripiglia il discorso, e descrivendo la felicità del precedente suo stato, e la maniera, ond' egli si era diportato verso Dio e verso i prossimi, viene a rispondere a'rimproveri fattigli da' medesimi amici e particolarmente da Eliphaz, cap. XXII. 5-7, ec., e insieme a risvegliare in essi la compassione di sua miseria.
Come ne'giorni, in cui Dio ec. Osservo un antico Interprete, che Giobbe fa consistere il sommo della precedente felicità non nella numerosa figliuolanza, non nelle grandi ricchezze, ma nella specialissima protezione del suo Dio.
29,3:Allorché il mio lume ec. Questo lume egli è il favore. La benevolenza, o anche la presenza di Dio. Vedi Ps. XXX. 16., ec. Questa luce (soggiunge Giobbe) mi guidava con sicurezza tralle difficoltà e le oscurità, e i dubbi, che s' incontrano in questo nostro pellegrinaggio.
29,4:Allorché Dio segretamente si stava ec. Argomento grandissimo della santità di Giobbe l'aver avuto tanta familiarità con Dio in una età tanto lubrica e soggetta alla seduzione delle passioni.
29,6:Col burro ungeva i miei piedi. L'uso di ungersi col burro fu comune presso molti popoli: e i Romani stessi se ne servivano per ungere i fanciulli. Plin. lib. IX. 41.
E dai massi sgorgavano ec. Da'masseti, da' colli pieni di sassi mi veniva abbondanza d'olio.
29,7:Me n'andava alla porta ec. Alle porte delle città si trattavano in antico i pubblici affari, e si giudicavano le cause. Da tutto quello che dicesi in questo luogo apparisce, che Giobbe teneva la prima dignità nella sua patria, come altrove si è detto, ed era capo di quel popolo. L'Idumea negli antichi tempi fu divisa tra molti principi, o governatori. Vedi. Gen. XXXVI 5., 1. Paral. 1.35.
29,8:I giovani si ritiravano. Per riverenza e timore.
29,9:E mettevano il dito ec. Vedi sopra cap. XXI 5.
29,10:E la loro lingua ec. Vaie a dire restavan mutoli, e quasi senza lingua. La stessa frase si trova nello stesso significato, Ps. CXXXVI. 6.
29,12:Liberava il povero, ec. Lo salvava dalle prepotenze de' suoi avversari. Notisi, che se Giobbe rammenta quello che avea fatto di virtuoso e di lodevole, ciò egli fa per necessità di giusta difesa, come fece l'Apostolo nella seconda a' Corinti. Vedi Gregorio lib. XVI. 9. 10.
29,15:Fui occhio al cieco, e piede alla zoppo. Illuminni co' miei consigli quelli, che per la loro semplicità e ignoranza non eran capaci di provvedere alle cose loro: sostenni colla mia autorità i deboli, perché potessero far vive le loro ragioni: ovvero: lui il maestro degl'ignoranti, e ricondussi nella retta strada quelli che per loro sciagura se ne erano allontanati.
29,16:Io ero il padre dei poveri Osservò s. Gregorio, che Giobbe non dice di essere stato l'avvocato, l'amico, il difensore de' poveri, ma si il padre, perché l'affetto della misericordia si era cangiato in lui in affetto di natura.
E delle cause a me ignote ec. Queste parole possono significare non solo la diligenza, con cui egli disaminava le cause, che gli eran portate davanti, ma anche in sollecitudine, colla quale indagava (come notò il Grisostomo) le frodi, le ingiurie, le ingiustizie, che fossero fatto a' più deboli. Il secondo senso piacque più al Grisostomo, e sembra veramente, che meglio leghi con quel che segue.
29,18:E diceva: io morrò ec. La pace e il buon ordine stabilito da me nella mia repubblica, prometteva a me una felice vecchiezza, e una vita lunga come quella della palma. Vedasi PLin. l. XVI. 44.
29,19:La mia radice diffondesi lungo le acque. La palma non si contenta delle sole piogge, ma amo d'avere grand'abbondunza di acque presso le sue radici. Paragona adunque Giobbe se stesso alla palma, e l'affluenza de' beni, ond'egli era ricco, alla copia delle acque: per la qual cosa si prometteva come la palma una vita lunga e felice.
E la rugiada si peserà ec. Per la rugiada, che umetta i rami della palma intende il favore e le benedizioni del cielo.
29,20:E il mio arco sarà sempre più forte ec. L'arco significa la possanza, la fortezza; perocchè col Parco principalmente combattevano gli antichi. Vedi Gen. XLIX. 24.,Ps. VII. 36.
29,22:Cadevano a stille ec. È significata una dolce e soave eloquenza, che s'insinua negli animi degli uditori, come una minuta pioggia penetra e inzuppa i terreni assai meglio, che i dirotti temporali. Sopra di che non posso far a meno di riferire le parole di s. Gregorio, il quale osserva, che in questo luogo e indicata l'attenzione da usarsi dal Predicatore della parola, il quale dee adattarsi alla capacita de' suoi uditori; perocchè se questi sono di spirito augusto e ristretto, non potrebbon ricevere l'infusione di una gran copia di umore: fa d'uopo pertanto che il predicatore se stesso ristringa secondo la picciolezza di quelli, che ascoltano, affinchè non succeda, che inutilmente parlando ad essi di cose sublimi venga egli a far piuttosto pompa di se medesimo, che a recar giovamento a quelli, che l'ascoltano.
29,23:Come alla piova ec. Come la terra sitibonda, apre la bocca e il seno alla pioggia, che vien nell'autunno dopo i calori e l'aridità della estate. Quando adunque disse, me aspettavano come la pioggia, intese la pioggia di primavera, la quale chiamavasi pioggia matutina come l'altro dicevasi serotina; perocchè solo in quei due tempi piove ordinariamente nella Palestina e nell'Idumea.
29,24:Non sel credevano. Osserva s. Gregorio, dovere, chi all'altrui governo e preposto, diportarsi in tal guisa, che e non lasci di esser temuto se scherza, e non lasci di esser amato quando si adira.
Gen Es Lv Nm Dt Gs Gdc Rt 1Sam 2Sam 1Re 2Re 1Cr 2Cr Esd Ne Tb Gdt Est 1Mac 2Mac Gb Sal Pr Qo Ct Sap Sir Is Ger Lam Bar Ez Dn Os Gl Am Abd Gn Mi Na Ab Sof Ag Zc Ml Mt Mc Lc Gv At Rm 1Cor 2Cor Gal Ef Fil Col 1Ts 2Ts 1Tm 2Tm Tt Fm Eb Gc 1Pt 2Pt 1Gv 2Gv 3Gv Gd Ap