VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
39,2:Abitava nella casa del suo padrone. Anche questo è detto per dimostrare l'affetto e la stima del padrone verso Giuseppe. Puthipar non lo tenea occupato nelle faccende della campagna, ma nella propria casa, il governo della quale a lui affidò interamente.
39,6:Ed egli non avea altro pensiero ec. Giuseppe pensava a tutto: Il padrone non avea da prendersi pensiero di cosa veruna, fuori che di mangiare e di bere. E' una maniera di proverbi.
39,7:Passato assai tempo, la padrona ec. Egli dovea avere venti sette anni, quando avvenne quello, che qui si racconta; ed erano circa dieci anni, ch'egli serviva nella casa di Putiphar.
39,9:E peccare contro il mio Dio? I sentimenti del santissimo giovine furono in simile occasione ripetuti da una castissima donna; egli è meglio per me il cadere nella mani vostre senza aver fatto il male, che il peccare al cospetto del Signore, Dan. XIII. 22.
39,12:Si fuggì fuori da casa. Sopra queste parole S. Agostino serm. 250. Giuseppe per sottrarsi all'impudica padrona fuggì. Impara tu nei pericoli d'impurità a prender la fuga, se vuoi ottenere la palma della castità... Di tutti i combattimenti del Cristiano i più duri e difficili sono quelli della castità, ne' quali quotidiana e la pugna, rara la vittoria: in questi adunque non può non mancare al cristiano un quotidiano martirio; imperochè se Cristo è castità e verità e giustizia, e se ch'insidia a questa, è persecutore, colui, che le difende negli altri e in se stesso le custodisce, sarà martire.
39,16:Fece vedere al marito il mantello. Se il marito fosse stato capace di ben riflettere questo mantello, che ella avea ritenuto, evidentemente provava chi dei due avese voluto far violenza.
39,21:Fece sì, ch'ei trovò grazia ec. Questo principe, o sia provveditore della carcere era lo stesso Putiphare, il quale dovette ben riconoscere l'innocenza di Giuseppe: e diminui la sua pena, senza però liberarlo affin di salvar l'onore della moglie. Cosi il Pererio. Vedi cap. XLI. 12. ed è ancora molto probabile, che lo stesso Putiphare fu quegli che diede la sua figliuola per moglie a Giuseppe. Gli uomini non vorrebbero (osserva il Grisostomo) che Dio lasciasse cosi sovente cadere i giusti nell'afflizioni; ma li liberasse e li tenesse in perfetta tranquillità; ma non è ella cosa più degna di Dio, e più degna dell'amore, ch'egli ha poi medesimi giusti, l'esercitare la loro virtù e far conoscere quello, ch'egli può fare in essi, e finalmente far si che le afflizioni stesse e le tentazioni divengan per essi occasione di grande allegrezza? Ecco di fatti un giusto calunniato e messo in prigione, divenuto vero martire della castità, come notò S. Ambrogio, il quale libero in certo modo tra tutti quei rei, rispettato e amato da tutti esercita un'assoluta potestà sopra tutti i compagni, come se tra essi fosse stato mandato non come uno di essi, ma come loro provveditore e consolatore. Ma tutto questo è un nulla in paragone della gloria, a cui la Provvidenza vuole innalzare Giuseppe col mezzo steso della sua umiliazione e della sua prigionia.
Il Giusto per eccellenza, il Cristo, di cui Giuseppe e sempre figura, poté essere calunniato, tradito, confuso co' peccatori per la malignità di una perversa donna, la sinagoga; ma nella stessa sua umiliazione egli eserciterà una potestà suprema e divina a consolazione e salute dei peccatori, e dal suo sepolcro uscirà pieno di gloria, e riconosciuto e adorato come vero Dio e unico salvatore di tutte le genti.