VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
4,1:Ti scongiuro dinanzi a Dio, ec. Questa forte, e patetica esortazione indica non la negligenza di Timoteo, ma l'ardente carità dell'Apostolo, e la sollecitudine sua pel. bene della Chiesa, per la propagazione della fede. E a tutti i sacerdoti e prelati egli parla, parlando a Timoteo. Vedi Agost. I. 1. contr. Crescen. cop. 6.
4,2:A tempo, fuori di tempo. È sempre fatto a tempo quello che fassi utilmente per l'eterna salute de' prossimi, benchè sovente lo zelo dei pastori sembri importuno all'uomo carnale, di cui si turbano le passioni.
4,3:Non potran patire la sana dottrina, ma ec. Fa d'uopo, che il pastore di anime si avvezzi a non risparmiare le riprensioni, le preghiere, le esortazioni; imperocchè non sempre egli averà degli uditori docili alla parola, ed alle massime dell'Evangelio; ma vi sarà un tempo, in cui e per trovare avvocati alle loro passioni, e per prurito di novità molti anderanno di maestro in maestro cercando chi con iscandalosa prevaricazione palpi ed aduli i loro vizi, e per loro sciagura troveranno tali maestri.
4,4:E si ritireranno dall'ascoltare la verità, ec. In luogo del Vangelo, la verità del quale è stata confermata presso di tutti gli uomini con tanti miracoli, ed è divenuta ormai evidente, e incontrastabile, abracceranno favolose, e strane, e incredibili dottrine. Tali certamente furono le invenzioni e i romanzi degli Gnostici, e de' Carpocraziani, de' Marcioniti, de' Manichei. Ma il nostro stesso secolo è testimone di un simile avvenimento nelle persone di certi filosofi, i quali ripudiata la divina, ma troppo per essi semplice istoria della Genesi, hanno coll'ampia lor mente voluto arricchirci di un nuovo disegno di creazione così ben inteso ed organizzato, che hanno dato a conoscere anche ai più ignoranti, che un uomo capace di rigettare la fede è capace di creder tutto, ed ancor l'incredibile.
4,5:Veglia sopra tutte le cose. Sopra tutte le parti del tuo ministero.
4,6-8:Io sono alle libagioni. Prima d'immolare la vittima secondo il rito pagano si facevano sopra di essa le libagioni di vino, di sale, di farina, e simili: vuole a dunque l'Apostolo significare, ch'egli è già vicino ad essere immolato per la fede di Gesù Cristo. E dovendo egli patir la morte dagl'infedeli, non è meraviglia, se prenda la similitudine dai loro riti; imperocchè, quanto agli Ebrei le libagioni si facevano da essi sopra la vittima dopo l'immolazione. Da queste parole di Paolo la maggior parte degli Interpreti ne deducono, che questa sia l'ultima delle sue lettere, e che sia stata scritta poco prima della preziosa sua morte, la qual morte gli era stata, per quanto si vede, rivelata da Dio. Quindi in niuna altra lettera egli parla con tanta fidanza de' suoi combattimenti, della fedeltà, con cui aveva servito a Dio nel Vangelo, della ricompensa, e della corona, che aspettava e teneva sicura. Sentimenti non di giattanza, ma di buona coscienza e di ferma e salda speranza. Questa corona egli la chiama corona della giustizia, perchè è la ricompensa delle opere li giustizia, e si dà a' giusti per le opere giuste. Ne solo a me, ma anche a coloro, che desiderano ec. Questa corona è riserbata a tutti coloro, i quali con la santità della vita si preparano alla venuta del Giudice e terno, e con ciò dimostrano, che desiderano questa venuta.
4,9:Demade mi ha abbandonato. Vedi Coloss. IV. 14. Filem. 24. Veggiamo qui la caduta d'uno de' compagni più cari dell'Apostolo nella sua prigionia, il quale preponendo i terreni comodi al Vangelo, abbandona l'Apostolo, e la verità. Sappiamo la sua deserzione, ma non possiamo sapere, se si ravvedesse, come alcuni, ma senza alcun valido fondamento, hanno scritto.
4,10:Crescente in Galazia, ec. Col nome di Galazia gli scrittori Greci intendevano talora le Gallie, e vari Interpreti Greci scrivono, che nelle Gallie fosse stato mandato Crescente da Paolo a predicarvi la fede, come Tito nella Dalmazia. La Galazia era una provincia dell'Asia minore.
4,11:Prendi teco Marco, ec. Giovanni Marco cugino di Barnaba, di cui si è parlato più volte. Vedi Coloss. IV. 10.
4,12:Ho spedito Tichico ad Efeso. È probabile, che l'Apostolo lo avesse mandato ad Efeso poco prima di questa lettera, affinchè nell'assenza di Timoteo avesse cura di quella Chiesa. Di Tichico vedi Coloss. IV. 7.
4,13:Il pallio, che lasciai a Troade in casa di Carpo,ec. Quello che abbiamo tradotto il pallio, e interpretato in diverse altre maniere da molti Interpreti. L'uso più comune della voce latina trasportata anche nel greco si è in significazione di pallio, o mantello. Ma si ammiri la povertà dell'Apostolo, il quale aveva bisogno di farsi riportare da sì rimoto paese un mantello. Di Carpo non abbiamo altrove alcuna certa memoria, benchè i Greci moderni lo pongano nel numero dei LXX discepoli, ed altre cose ancora ne scrivano tutte incerte. Egli è onorato ne' martirologi greci e latini.
I libri... cartapecore. I libri si crede, che fossero quelli delle Scritture. Nelle cartapecore, o pergamene (cosi dette dalla città di Pergamo, dove furono inventate dal re Attalo) si crede, che fossero gli originali delle epistole scritte da lui. Ma forse meglio dirassi, che i libri sono le Scritture tradotte in greco, le membrane poi il testo Ebreo, il quale anche oggigiorno si scrive in carta pecora.
4,14:Alessandro ramaio ec. Vedi Atti XIX. 33., I. Tim.1.20. Essendo stato scomunicato dall'Apostolo, andò sempre più imperversando contro la sana dottrina. Il tenero amore di Paolo per Gesù Cristo e pel Vangelo, faceva sì, che sentisse vivamente come fatto contro di sè tutto quello che dai cattivi faceasi in danno della fede.
4,16:Nella mia prima difesa nissuno fu per me, ec. Ciò s'intende della seconda prigionia, e della prima volta, che allora dovette comparir dinanzi a Nerone, e far sue di fese, nella quale occasione dice, che tutti lo abbandonarono; lo che s'intende de' Cristiani di Roma, i quali potevano aver qualche credito presso la corte. Ma la crudelta di Nerone era talmente temuta, che nissuno ebbe ardire di dichiararsi fautore di Paolo. Con questi, i quali non per malvagità d'animo, ma per debolezza, e paura avevan peccato, prega Dio, che usi di sua misericordia.
4,17:Affinchè sia per me compiuta la predicazione, ec. Affinchè io termini il corso prescritto da Dio alla mia predicazione, e possa ancora per qualche tempo comunicare il Vangelo a tutti i popoli in questa città, dove tanti concorrono da tutte le parti del mondo.
Fu liberato alla bocca del leone. Nerone fu detto leone anche da Seneca per la sua crudeltà, e ferocia; ma può anche per una maniera di proverbio voler significare l'Apostolo, che fu liberato da un massimo peri colo, e forse ha voluto alludere al fatto di Daniele.
4,18:Mi libererà da ogni opera mala. Mi libererà con la sua potente grazia da ogni peccato.
4,20:Erasto... E Trofimo lo lasciai malato ec. Intorno a Erasto, ed a Trofimo vedi gli Atti. Ma si osservi con s. Gio. Grisostomo, come Dio, il quale aveva dato agli Apostoli, ed agli uomini apostolici tanta virtù per curare le malattie corporali, voleva, che ed essi, e i loro amici avessero dei mali, affinchè tutti vedessero che erano uomini mortali, e deboli, come gli altri, e come tutto quello, che avevano di straordinario, era dono del Signore.
4,21:Prima del verno. La navigazione in que' tempi era molto difficile e pericolosa d'inverno.
Eubulo, e Pudente, e Lino, e Claudia. Eubulo doveva essere umo de' primari fedeli di Roma, ma il suo nome è Greco. Pudente si dice, che fu convertito da s. Pietro, e che in casa di lui fu consagrata la prima Chiesa di Roma, dove è adesso quella di s. Pietro in vincoli; e si dice ancora che fu decapitato sotto Nerone. Lino fu successore di Pietro nella santa sede Romana, eletto, come dice s. Ireneo, a tal dignità da ambedue gli Apostoli Pietro e Paolo. Sotto il Pontificato di Lino seguì la gran rovina di Gerusalemme l'anno settantesimo di Gesù Cristo. Claudia secondo alcuni moderni era moglie di Pulente.