VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008
8,1:La sapienza dell'uomo sulla faccia di lui risplende. La sapienza, cioè (come abbiam detto più volte) la virtù, orna non solo l'animo, ma anche il corpo, e partico larmente la faccia del saggio, nella quale fa risplendere la gravità, la modestia, la bontà, la probità; perocchè la faccia è immagine, anzi specchio dell'anima.
E colui, che può il tutto, ec. Rende ragione di quello che ha detto nella prima parte del versetto: la luce, che spicca nella faccia del saggio, viene da Dio, il quale l'aria naturale del volto di lui cangia in guisa, che amabile lo rende, e venerabile a chiunque il rimira.
8,2:Io sto intento alle parole, e a' precetti ec. Ella è la sapienza, che è qui introdotta a parlare da Salomone (come più volte nel libro dei Proverbi), e a dare agli uomini li suoi insegnamenti: io sto intenta a ogni parola del gran Re, cioè di Dio, e a' precetti confermati da lui con giuramento; giuramento risguardante i premi da darsi a chi gli osserva, e le pene a chi li trasgredisce: di questi precetti promettesi l'osservanza solennemente, allorchè l'uomo divien figliuolo della Chiesa. E qui molto bene spiegato lo studio, che dee porre il giusto nell'intendere la divina volontà manifestata nella legge, affline di perfettamente adempirla.
8,3-4:Non ti allontanar di leggieri dalla sua faccia, ec. Sii costante nel servigio di questo gran Re, e se per disgrazia tu se' caduto in qualche colpa, non perseverare nel male, ma ripara ed emenda il tuo fallo: perocchè tu ben sai com'egli è potente per fare di te tutto quello che ei vuole, ed è onnipotente la sua parola, e nissuno può domandargli conto di quello ch'ei fa.
8,5:Non sentirà verun male. Particolarmente nella vita avvenire: sarà esente dai gastighi, coi quali Dio punirà i trasgressori.
Conosce il tempo, e la maniera di rispondere. Conosce il tempo di operare, e sa come rendere ragione del suo operato a chi lo interroga: Dobbiamo (dice s. Ambrogio) procurare di non far cosa veruna temerariamente, o imprudentemente, e di cui non possiamo rendere buona ragione, perocchè sebbene delle azioni nostre non a tutti si rende conto, le azioni stesse però sono da tutti esaminate.
8,6-7:È di grande afflizione per l'uomo il non sapere il passato. Conciossiachè in tutte le cose havvi il tempo proprio e opportuno per operare, l'uomo che brama di ben ordinare le sue azioni, prova gran pena per non aver molte volte veruna cognizione del passato, ed essere totalmente all'oscuro dell'avvenire; perocchè la sperienza del passato è madre della prudenza: l'incertezza poi del futuro (particolarmente riguardo alla vita avvenire) è sorgente di sollecitudini e di timori. Questa incertezza però è ordinata da Dio a discacciare la perniciosa indolenza.
8,8:Non è in potere dell'uomo ec. L'uomo non può nè ritenere a sua voglia il suo spirito, perchè non esca del corpo, e non ha autorità per fissare il giorno, in cui lo stesso spirito dal suo corpo si diparta, nè gli è permesso di aver pace o tregua colla morte, quand'ella viene a fargli guerra, e la empietà non salverà l'empio nè dalla prima morte, nè dalla seconda.
8,9:Per sua sciagura. Vale a dire, taluno è messo sul trono, ed è infelice, che avrebbe goduto vita tranquilla e contenta in istato di mediocrità.
8,10:Vidi degli empi ec. Vidi portarsi con gran corteggio degli empi alla sepoltura, i quali mentre viveano ebber luogo distinto nella Chiesa, ed erano celebrati da tutti come persone dedite alla virtù e alle opere di giustizia: anche in questo adunque è gran vanità; perocchè, che gioverà a costoro l'essere stati, o l'essere anche tuttora lodati dagli uomini, se erano odiosi a Dio, e da lui sono condannati ai supplizi, e all'obbrobrio eterno? Vedi qui s. Girolamo.
8,12:Dall'essere tollerato ec. Dal vedere, come Dio al peccatore, che tante volte ha peccato, concede spazio di penitenza, nè ancor lo punisce, io ne inferisco quanto Dio sarà benigno verso di quei che lo temono; e quanto sieno per essere felici i buoni per misericordia di un Dio, che è tanto buono co' cattivi.
8,13:Non abbia bene l'empio, ec. l'Ebreo e il Greco leggono questa sentenza a maniera di predizione: Non avrà bene l'empio ec. Secondo la nostra Volgata il Savio per izelo della gloria di Dio fa questa imprecazione, perchè i peccatori son degni di ogni sciagura, e di morire anzi tempo, e di più la lunga vita, e la prosperità è dannosissima a' peccatori medesimi, che di tutto si servono per cumulare peccati a peccati, onde dice s. Agostino: Nulla v'ha di più infelice, che la prosperità dei cattivi.
8,14:V'ha pure un'altra vanità, ec. Nella distribuzione de'beni e de' mali presenti, dice Salomone di aver veduto una vanità, vale a dire una cosa, la quale assolutamente parlando è fuori di ordine, anzi contro ordine: perocchè le calamità, nelle quali talora gemono i buoni, e le prosperità, che godono gli empi, non concordano col merito di quelli, nè colla iniquità de' secondi: onde leggonsi e in Davidde e in Geremia e in Habacuc e in Giobbe le querele, che fanno i santi con Dio per ragione di tale apparente sconcerto che Salomone chiama vanità, e cosa vanissima, cioè delle altre più vana. Egli non ignorava però che considerata la providenza di Dio non è in ciò nè ingiustizia, nè disordine: perocchè dispone egli, che i cattivi per quel poco di bene, che fanno talora, abbiano per mercede i beni di questa vita; e i buoni in pena de' falli leggeri, da'quali non sono esenti, sieno puniti, e purgati per mezzo delle presenti miserie, riserbandosi a pienamente rimunerare questi, e punire quelli in quel giudizio, che degli uni e degli altri farà una volta, come è detto capo III. 17., e intorno a ciò vedi anche s. Agostino de Civit. XV, XVI. Iin secondo luogo questa stessa disposizione di Dio c'illumina a conoscere come e le pro sperità e le avversità del secolo sono mera vanità, e non veri beni, nè veri mali; perocchè se veri beni fossero le prosperità non le darebbe egli a' suoi nemici, e se veri mali fosser le avversità agli amici non le darebbe; e Salomone ha già detto qui avanti, che il vedere non punito il peccatore era un argomento del bene, con cui Dio dee rimunerare una volta quelli, che lo temono, e per conseguenza ancora gastigare quei che l'offendono; onde rettamente concludasi: nissun bene, se non eterno: nissun male, se non eterno; il resto è vanità.
8,15:Perchè altro bene ec. Vedi capo v. 17. Dicendo: e questo solo egli ritragga ec. dimostra Salomone, come delle cose di questo mondo noi non siamo propriamente veri padroni, ma usufruttuari, affinchè come di cose imprestate ce ne serviamo per sostentare, e conservare la vita: e venuta la morte, ad altri e a Dio stesso, che ne è il vero padrone, le rimettiamo.
8,16:V'ha taluno, che non chiude occhio ec. Vale a dire si affanna, e si tormenta nella investigazione delle cose, e particolarmente de' mirabili giudizi di Dio riguardo a'giu sti, e agli empi, e non trovando di tali cose le ragioni, di cui va in traccia, non altro guadagna (dice s. Girolamo), se non che tali disputazioni sieno il suo tormento.
8,17:Quanto più si affatica... tanto meno troverà. Non solo perchè conoscerà di essere sempre più lontano dalla perfetta cognizione delle cose, ma anche perchè chi vuol fare da scrutatore della maestà di Dio, rimarrà oppresso dalla gloria.
E quand'anche il saggio dicesse ec. il saggio se dicesse d'intendere la ragione delle opere di Dio, sarebbe in errore, e non la intenderebbe perciò veramente, e dandosi per saggio diverrebbe stolto. Delle opere di Dio noi possiam dire le ragioni generali indicate a noi nelle divine Scritture; ma di tali e tali avvenimenti le particolari ragioni non saranno a noi note giammai. Sappiamo, che le vie di Dio sono misericordia e verità, e che i suoi giudizi sono retti; del rimanente dobbiam dire coll'Apostolo: O altezza de' tesori della sapienza e scienza di Dio. Quanto incomprensibili sono i suoi giudizi! Rom. XI. 33.