Lettera agli Ebrei - 1

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VULGATA NOVA VULGATA CEI1974 CEI2008


Il nuovo testamento dato da Cristo tanto è da preferirsi al vecchio dato per ministero degli Angeli, quanto Cristo è di dignità maggiore, che gli Angeli, i quali egli sorpassa per la sua origine, dominio, potenza, e onore.

1Iddio, che molte volte, ed in molte guise parlò un tempo a' padri per i profeti: ultimamente,
2In questi giorni ha parlato a noi pel Figliuolo, cui egli costituì erede di tutte quante le cose, per cui creò anche i secoli:
3Il quale essendo lo splender della gloria, e figura della sostanza di lui, e le cose tutte sostentando con la possente parola sua, fatta la purgazione de' peccati, siede alla destra della maestà nelle altezze:
4Fatto di tanto superiore agli Angeli,quanto più eccellente nome, che quegli, ebbe in retaggio.
5Imperocché a qual mai degli Angeli disse: mio figliuolo se tu, oggi io ti ho generato? E di nuovo: io sarogli padre, ed ei sarammi figliuolo?
6E di nuovo, allorché introduce il Primogenito nel mondo, egli dice: e lo adorino tutti gli Angeli di Dio.
7Quanto poi agli Angeli, dice: egli, che i suoi Angeli fa spiriti, e i ministri suoi fiamma di fuoco.
8Al Figliuolo poi (dice:) il tuo trono, o Dio, pel secolo del secolo: scettro di equità, lo scetro del tuo regno.
9Hai amato la giustizia, ed hai avuta in odio l'iniquità: per questo ti ha unto Dio, il tuo Dio, con olio di esultazione sopra de' tuoi consorti.
10E: tu, Signore, in principio gettasti i fondamenti della terra: e opere delle mani tue sono i cieli.
11Questi periranno, ma tu durerai e tutti invecchieranno, come un vestito:
12E quasi veste gli rivolterai, e saran rivoltati: ma tu se' l'istessissimo, e gli anni tuoi non verranno meno.
13Ed a qual degli Angeli disse egli mai: siedi alla mia destra, sino a tanto che io ponga i tuoi nemici sgabello a' tuoi piedi?
14Non son eglino tutti spiriti amministratori, che sono mandati al ministero in grazia di coloro, i quali acquisteranno l'eredità della salute?
Note:

1,1-2:Iddio, che molte volte, ed in molte guise parlò un tempo a' padri per li profeti: ec. Questo esordio dell'Apostolo è molto adattato al grande argomento di questa lettera, cui non promette egli il suo nome, affinchè gli Ebrei, a' quali non era molto accetto, riguardasser piuttosto alla verità delle cose, che alla persona dello scrittore di esse. Ne' primi quattro versetti di questo capitolo si ha come un compendio di tutta la materia: Dio volendo istruire il mondo intorno alla economia della salute degli uomini,parlò per bocca dei suoi profeti, primo, molte volte, perchè non tutti a un tempo, nè tutti ad un solo Profeta furono così chiaramente disvelati i misteri del Salvatore; così a Isaia il parto della vergine, e la passione dell'Uomo Dio; a Daniele il tempo, in cui sarebbe comparso il Cristo; a Malachia la venuta del precursore ec.; in secondo luogo parlò per essi profeti in varie guise, ora con manifeste parole, ora con tipi, e figure, talvolta con visioni, talvolta con apparizioni sensibili. In tutte queste maniere (dice Paolo) parlò Dio un tempo, vale a dire, da' Patriarchi, e da Mosè fino a Malachia, ai padri nostri per mezzo de' Profeti; ma ultimamente in questi giorni ha parlato a noi non più per mezzo d'uomini mortali, ma per lo stesso naturale suo Figliuolo. Lo stesso Dio adunque secondo questa dottrina è autore della vecchia e della nuova alleanza, e delle Scritture del vecchio e del nuovo testamento: onde la religione insegnata da Cristo risale fino al cominciamento del mondo, e ha a suo avore la testimonianza di tutti i secoli precedenti.
I Giudei secondo la condizione del loro stato ebbero per maestri i Profeti, i quali a nome di Dio parlavano, e la volontà e i misteri di lui annunziavano agli uomini in virtù della missione ricevuta dal medesimo Dio, Eglino però non erano se non servi del padre di famiglia, e operai spediti in differenti tempi a coltivare la vigna della quale non eran essi i padroni. Il popolo cristiano ha per suo maestro il Figliuolo di Dio, il quale è venuto a visitare la sua eredità, il padrone stesso della vigna, il Signore di tutti gli uomini disceso dal cielo per istruir gli e salvargli. Conosca adunque questo popolo la sua felicità, e l'altezza di sua condizione, e a Dio ne renda perenni grazie.
Cui egli costitui erede di tutte quante le cose. Questi, in quanto è Figliuolo di Dio naturale, è ancora erede naturale del Padre, e ha insieme con lui lo stesso domi nio, la stessa potenza, come ha la stessa sostanza; in quanto poi egli è uomo, è stato costituito dal Padre e rede, cioè Signore e capo e padre di tutti gli uomini, e ha da lui ricevuto un'ampia, ed assoluta potestà e in cielo, e in terra, Matth. XXVIII. 18., onde egli sia sovrano signore di tutte le cose create, e di tutti gli angeli, e di tutti gli uomini, e non solo degli Ebrei, ma ancora di tutte le genti, delle quali tutte sarà composto il suo regno. Così alla promessa fatta nel vecchio testamento ai padri di una eredità terrena, e molto ristretta, contrappone l'Apostolo le magnifiche promesse fatte a Cristo dal Padre di un regno universale, spirituale, ed eterno nel salmo II. 8. Chiedi a me, ed io ti darò in tuo retaggio le genti, e in tuo dominio l'ampiezza della terra.
Per cui creò anche i secoli. Con la voce secoli, sono intesi tutti i tempi, e tutte le cose che sono comprese in tutti i tempi, vale a dire, tutte le cose create. Nelle precedenti parole Cristo è considerato come uomo; in queste, come Dio: per lui furon fatte tutte le cose, e senza di lui nulla fu fatto di quel che fu fatto, Joan. I. 2. 3.
Il Verbo, la Sapienza increata fu l'idea, e l'esemplare, secondo il quale furono create tutte le cose, di tal maniera però, che una stessa è la potenza, e la operazione del Padre creatore, e del Figliuolo, per cui ogni cosa fu fatta; imperocchè tutto quello, che fa il Padre lo fa anche il Figliuolo, Joann. VI.

1,3:Essendo lo splendor della gloria, e figura della sostanza di lui, e le cose tutte sostentando con la possente parola sua, ec. Tre idiomi, o sia proprietà sono qui attribuite al Figliuolo di Dio. In primo luogo egli è splendore della gloria del Padre, nella qual similitudine si paragona il Padre al sole, il Figliuolo al raggio, e alla luce, la quale dal sole, deriva; onde dello stesso Figliuolo canta la Chiesa nel simbolo Niceno, lume di lume, lume sostanziale, e perciò Dio di Dio, come si ha nello stesso simbolo. Imperocchè la gloria, la maestà, la divinità tutta del Padre risplende, e sfavilla nel Figlio, cui il Padre nella generazione eterna tutto comunica l'esser suo.
In secondo luogo egli è figura della sostanza del Padre, cibè immagine, impronta, ma sostanziale, e permanente del Padre; con la qual similitudine esprimesi e l'identità di natura del Figliuolo col Padre, e la distinzione della persona del Padre da quella del Figlio, nel qual Figlio l'essenza del Padre è impressa. Nella impronta fatta sulla cera si rappresenta l'immagine, che nel sigillo è scolpita; ma siccome il sigillo, e l'impronta sono senza dubbio differenti in sostanza dalla cosa, che portasi scolpita, perciò l'Apostolo non disse solamente figura del Padre, o sia carattere del Padre, ma figura, e carattere della sostanza del Padre, col quale egli ha uno stesso essere, ed una stessa natura.
In terzo luogo egli è conservatore di tutte le cose, le quali colla parola di sua potenza, vale a dire, col suo onnipotente comando egli sostenta. Portare nelle Scrittu re vuol dire sovente conservare, governare, reggere; e questo al Verbo del Padre conviensi, il quale e creò tutte le cose, e tutte con la efficace, ed onnipotente operazione sua le conserva, perchè non ritornino nel loro niente, e al fine le indirizza, per cui furon fatte. Tre verità adunque sono qui stabilite da Paolo; primo, il Figliuolo di Dio è coeterno al Padre; imperocchè lo splendore della gloria è eterno, come la stessa gloria, siccome il raggio è coetaneo (per dir così) al sole, da cui si parte: in secondo luogo egli è consustanziale al Padre, come abbiamo già detto; terzo finalmente, egli ha ugual potenza col Padre.
Fatta la purgazione dei peccati, siede alla destra ec. Due uffici di Cristo sono stati accennati di sopra, l'uffi cio profetico nel vers. I., l'ufficio di Re, e signore nella prima parte del Vers. 2.; si tocca qui il terzo ufficio di lui, che è il sacerdotale, secondo il quale con la oblazione di se stesso purgò ed abolì i peccati del mondo, dopo di che fu innalzato dal Padre, il quale diedi il luogo di onore, e lo fece sedere alla destra della sua maestà nel sommo cielo, dove egli ha suo trono.
Osserva in questo luogo il Grisostomo l'ammirabile artificio di Paolo, il quale istruir volendo i piccoli, e introdurgli alla considerazione delle grandezze di Cristo, non tutte insieme propone loro le proprietà più sublimi di lui, ma come in una nobil pittura la sfoggiata luce colle ombre suol temperarsi; così nel ritratto, che qui si forma di Gesù Cristo, le più alte verità sono tramezzate con le nozioni inferiori, che abbiamo di lui, affinchè la soverchia luce non abbagli gli occhi di coloro, che sono ancor deboli nella fede. Così dopo averlo chiamato Figliuolo del Padre, dice che fu costituito da questo erede di tutte le cose; così dopo rappresentata la coeternità, la consustanzialità, e l'uguale potenza del Figlio col Padre, rammenta il penoso sacrificio di lui, col quale ci mondò, e lavò dai peccati nostri nel sangue suo, dopo del qual sagrificio fu innalzato dal Padre per la sua ubbidienza, Cup. II. 8. 9. ec. Ma dicendo l'Apostolo, che Cristo non solo siede nel clelo, ma siede alla destra del Padre, vuole indicare l'assoluta potestia, l'altissima dignità, e la stabilita del regno, a cui fu dal Padre innalzato, e la infinita distanza. che è tra lui, e tutti gli spiriti beati, de' quali non mai si legge, che seggano, ma che assistono, e stanno quasi servi dinanzi al trono di Dio.

1,4:Fatto di tanto superiore agli Angeli, quanto ec. Si amplifica il precedente ragionamento, e dalla qualità di Figliuolo, la quale è in Qristo, si deduce la maggioranza di lui sopra tutti gli Angeli. La voce fatto lega con la voce superiore, onde non significa, che il Figliuolo sia stato fatto o creato, il che secondo la natura divina non può dirsi senza errore, ma significa, che egli fu fatto superiore, o maggiore, ovvero, fu preferito agli Angeli, e tanto a questi fu preferito, quanto più grande è il nome di figlio, che quello di servo, e di ministro. Può anche la voce fatto spiegarsi per dichiarato, dimostrato, come in altri luoghi della Scrittura, Joan. XV. 8. Rom. III. 4., ma ritenendo il primo significato, vuol dir l'Apostolo, come nota s. Tommaso, che per l'unione della natura divina all'umana Cristo è superiore agli Angeli, e che egli si chiama, ed è Figliuolo di Dio. E molto esattamente, e con gran riflessione dice Paolo, che questo nome lo ebbe Cristo in retaggio per significare, come proprio di lui è lo stesso nome, e a lui per ogni ragione è dovuto, ed essenzialmente gli si compete per sua origine, e non in quella maniera, secondo la quale gli Angeli, e gli uomini forse talvolta son chiamati figliuoli di Dio, vale a dire, per grazia, non per natura, Job, XXXVIII. 7.

1,5:Mio figliuolo se' tu, oggi io ti ho generato. Rende ragione di quello che aveva detto nel precedente versetto, adducendo le parole del salmo II., il qual salmo giusta la testimonianza di un celebre Rabbino degli ultimi tempi (R. Salomon ) fu applicato già al Messia da tutti gli antichi Maestri del giudaismo. Queste parole secondo s. Agostino, e molti altri Padri riguardano la generazione eterna, e permanente del Verbo. Vedi gli Atti cap. XIII. 33. Quantunque gli Angeli siano qualche volta chiamati figliuoli di Dio, non sono però, nè si chiamano figliuoli per generazione.
Io sarogli padre, ed ei sarammi figliuolo? Salomone, di cui furono dette da Dio queste parole, era una figura del Messia, e al Messia furono elle applicate anche dai Rabbini nel senso allegorico, il qual senso fu inteso principalmente dallo Spirito Santo, da cui furon dettate.

1,6:Allorchè introduce il Primogenito nel mondo, egli dice: e lo adorino ec. ne' due luoghi del vecchio testa mento citati di sopra da Paolo si parla del Verbo, che dovea esser introdotto nel mondo, e ciò vuole egli significare soggiungendo adesso, che in un altro luogo, cioè allora quando la Scrittura parla di questo Primogenito come già introdotto nel mondo nella sua incarnazione, ella ordina a tutti gli Angeli di Dio, che come loro si gnore lo adorino. Col titolo di Primogenito si nota la dignità, e preminenza di Cristo, il quale è primogenito tra molti fratelli, a' quali è infinitamente superiore e di età, perchè eterno, e di dignità, perchè è figliuolo naturale, quando gli altri non sono figliuoli se non per grazia e per adozione.
Questa introduzione di Cristo nel mondo dalla maggior parte de' moderni interpreti è intesa di quella, che comunemente si chiama seconda venuta di Cristo a giudicare i vivi e i morti; ma assai comunemente i Padri, e con essi s. Tommaso ciò intendono della prima venuta, e della incarnazione di Cristo festeggiata, e celebrata dagli Angeli, i quali con inni di gloria accompagnarono il suo nascimento, e il primo ingresso nel mondo, Luc. II. II. Il salmo XCVI., da cui sono prese quelle parole, e lo adorino tutti gli Angeli di Dio, in buona parte almeno alla prima venuta appartiene, mentre in esso tralle altre cose si esortano e i Giudei, e i Gentili ad abbracciare la salute recata loro da Cristo, e ad esultare pertal ragione, e si domanda l'abolizione del culto idolatrico, e si esortano coloro, che amano Dio, a vivere santamente, e a questi promettesi la liberazione da' loro oppressori; nelle quali cose si veggono come tante note caratteristiche della prima venuta. Non sussiste adunque una delle primarie ragioni, per cui molti moderni hanno voluto applicar questo luogo alla seconda. La trasposizione poi della voce iterum, di nuovo, nel greco, e nel latino, la quale ha forse in origine dato luogo essa sola a tal sentimento, nulla ha d'inusitato, ed anzi in questo luogo sembra, che abbia qualche eleganza, perchè nel versetto precedente quell'avverbio era posto in principio, qui poi in altro sito.
Di questo luogo del salmo XCVI. ha citato l'Apostolo l'esatto senso, non le precise parole secondo i LXX., le quali sono queste: Adoratelo (voi ) tutti Angeli di lui; cioè di Dio. Ed è ancora da notarsi, come non solo agli Angeli, ma a tutti anche gli uomini si stende questo comando, come dallo stesso salmo apparisce; ma all'intento dell'Apostolo bastava di dimostrare quello che era stato scritto degli Angeli, ed è evidente, che quello, che fa cesser creature più nobili, era dovuto a Cristo con più forte ragione dalle inferiori.

1,7:Quanto poi agli Angeli, dice: ec. Per sempre più stabilire la preeminenza di Cristo sopra degli Angeli viene adesso a dimostrare, come questi quantunque sopra le altre creature innalzati per la condizione di lor natura, sono però creature anch'essi, e servi, e ministri dello stesso Signore. Le parole del salmo CIII. riferite da Paolo si ordinano, e si spiegano in questa guisa: Dio è quegli il quale coloro che ha eletti per suoi nunzi e ministri, gli ha fatti spiriti, cioè sostanze spirituali ed immateriali (ovvero gli ha fatti veloci come i venti ) e come ardenti fiammelle, vale a dire, splendenti pella cognizione della verità, e ardenti per la carità. I Giudei avevano un'altissima idea della natura e della perfezione degli Angeli, e questa idea trasportò talora i medesimi Ebrei a rendere a quelli un culto superstizioso e a preferire la lor mediazione alla mediazione di Cristo, come si è veduto Col. II. 18. Quindi è, che l'Apostolo accura tamente descrive quello, che siano questi Angeli, e come e quanto inferiori a Gesù Cristo vero Dio, e nostro vero, ed unico mediatore.

1,8-9:Il tuo trono, o Dio, pel secolo del secolo: ec. Il salmo XLIII., da cui sono presi questi due versetti, per confessione degli antichi Ebrei del Cristo parla, e de' misteri di lui è ripieno; e se egli è un epitalamio, non di altro sposalizio si debbe esporre, che di quello di Cristo con la sua Chiesa: il tuo regno, o Cristo, che sei vero Dio, è eterno. I moderni Ebrei, per togliere questo salmo, al Messia, e darlo a Salomone, sono costretti non solo a ripudiare tutta la tradizione della Sinagoga, ma di più a stravolgere le espressioni più chiare ed evidenti; come trall'altre ben vedendo, che a Salomone non pote va convenire quello che dicesi nelle citate parole, perchè nè egli si sognò mai di essere Dio, nè eterno fu il regno di lui, hanno in primo luogo con inaudita temerità capivoltate le stesse parole, affinchè dicano: Dio è il tuo trono perpetuo; e affin di trovare un regno sì fatto per Salomone, al regno di lui uniscono quello di tutti i suoi successori, i quali per la maggior parte furono ingiusti e peccatori ancor più di lui, e non hanno tutti insieme una durazione da paragonarsi all'eternità. Ma per con futar tali stravaganze non vi vuol altro che riferirle, e non è inutile il far vedere talora, fino a quali deliri in una materia, che è di tanta importanza per l'uomo, precipiti lo spirito umano, cominciato ch'egli abbia a chiudere una volta gli occhi alla verità, e a sostituire i propri pregiudizi alle regole della fede. Il regno di Cristo è eterno, e non avrà fine, Luc. 1. 33., perchè non è regno di questo mondo, Jo. XVIII. 36.
Scettro di equità, lo scettro ec. Tu reggi e governi le genti con rettitudine e giustizia, prescrivendo ad esse tutto quello, che è giusto ed onesto, rimuneri i giusti, punisci i peccatori, perchè tu hai in abbominazione l'ini quità, ed ami la giustizia; e con queste parole descrivesi l'ufficio di un buono e giusto principe.
Per questo ti ha unto Dio, il tuo Dio, ec. Il greco può tradursi: ti ha unto, o Dio, il tuo Dio; perchè non solo gli Ebrei, ma talora anche i greci del nominativo si servono in vece del vocativo, come nel versetto precedente. Il testo greco di Aquila ha il vocativo, e sembra, che così pur si leggesse nei LXX. a' tempi di s. Agostino, mentre egli dice: nel latino si crede, che sia ripetuto lo stesso caso (il nominativo); ma nel greco è evidentissima la distinzione: o tu Dio, ti unse Iddio ec. Nella stessa guisa hanno letto generalmente gli antichi Interpreti, Euseb. De monstr. CL. I. 4. 15., s. Girol. ad Princip., e anche gli Ebrei.
Per questo, come osserva s. Agostino, e s. Tommaso, indica in questo luogo la causa finale. A questo fine, e perchè tu avessi un regno eterno, lo scettro di equità, e amassi la giustizia, e odiassi l'iniquità, per questo, o Dio, il tuo Dio ti unse con unguento di esultazione, come si costumava di fare ai regi ed ai sacerdoti. Dice adunque a Cristo il Profeta, che egli, che è Dio come il Padre, è stato unto in quanto uomo da suo Padre Dio, come re e sacerdote con unguento prezioso e divino, il quale colla sua fragranza ricrea e conforta, e di spirituale letizia riempie i cuori. Quest'unguento significa l'ab bondanza di tutte le grazie, e de' doni dello Spirito Santo, de' quali fu Cristo ripieno fin dalla sua concezione intinitamente più, che tutti i santi e figliuoli di Dio, i quali alla stessa unzione hanno parte, e i quali tutti della pienezza di lui hanno ricevuto, Jo. I. 16. Vedi Atti X. 38. Si chiamano consorti di Cristo i fedeli, perchè al regno, e al sacerdozio di lui hanno parte; onde ad essi dice l'Apostolo Pietro: voi stirpe eletta, sacerdozio regale, 1. Pet. II. 20., ed unti si chiamano da Dio, e dal santo. 2. Cor. I. 21.; 1. Jo. 2. 20. S. Girolamo per quest'olio di esultazione intese non la pienezza de' doni dello Spirito Santo, ma l'altissima gloria, alla quale fu innalzato Cristo nella sua risurrezione, quasi dir volesse il Profeta, e con esso l'Apostolo: tu, o Cristo, hai meritato di essere ammantato di gloria dal Padre Dio, hai meritato di essere e riconosciuto, e adorato come Salvatore di tutti i popoli, e Re delle nazioni, perchè hai amato la giustizia, e per soddisfare alla giustizia divina ti se'umiliato, fatto ubbidientefino alla morte di croce, sulla qual croce hai distrutto il peccato.

1,10-12:E: tu, Signore, in principio gettasti ec. Dopo quell' E si sottintende in altro luogo sta scritto, cioè nel salmo CII., da cui sono tratte le parole di questi tre versetti. Or questo salmo è, in gran parte almeno, una manifesta profezia di Cristo, e della sua Chiesa. In esso chiaramente si parla della vocazione delle genti, e della creazione di un nuovo popolo: temeranno le genti il tuo nome, o Signore, e tutti i Re della terra la tua gloria: si scrivano queste cose per un'altra generazione, e il popolo, che sarà creato, loderà il Signore, vers. 16. 19. Finalmente gli stessi Ebrei hanno veduto, che tali cose non potevano intendersi se non del Cristo, e della Chiesa sua sposa. Tali cose adunque dette avendo il Re profeta, passa in questi tre versetti a descrivere l'altissima dignità di colui, di cui sarà opera la formazione del nuovo popolo, e la riunione di tutte le genti, e di tutti i re della terra nel suo nuovo culto. Or ei dice, che questi è ab eterno; imperocchè sussisteva avanti il cominciamento del mondo, e da principio creò la terra, e i cieli, donde evidentemente risulta, che egli non solo è coeterno, ma anche consustanziale al Padre, a cui ordinariamente si attribuisce nelle Scritture l'opera della creazione. Quindi pone lo stesso Profeta la differenza, che v'ha tra questo Creatore, e la creatura. Egli è immutabile, e dura eternamente; la creatura è soggetta a mutazione. I cieli pe riranno, cioè a dire, come spiega il Grisostomo, saranno cangiati in meglio alla fine del mondo (Vedi Rom. VIII.19, 20.) ma il Creatore de' cieli non soffrirà mutazione. Essi invecchieranno, come invecchia un vestito per lungo uso, e come un vestito già usato si rivolta, affinchè in certa guisa ritorni nuovo; così Dio rivolterà i cieli, e secondo il volere di lui saraa rivoltati, mentre egli sarà sempre l'istesso stessissimo, e sussisterà immutabile per tutta l'eternita. Vedi Grisost.

1,13:Ed a qual degli Angeli disse egli mai: ec. Riporta nuove testimonianze della ineffabil grandezza di Gesù Cristo, facendo vedere, come nulla o di eguale, o di simile fu detto o scritto giammai degli Angeli. Imperocchè al Figliuolo, che al cielo ascende dopo compiuta l'opera della nostra riparazione, dice Dio Padre nel salmo cix.: Siedi alla mia destra, fino a tanto che ec. Gesù Cristo medesimo fece uso di questo luogo per dimostrare la sua divinità agli Ebrei, senza che alcuno de' suoi emoli avesse ardire di risponder parola in contrario, Matth. XXII. 53. 54. ec. Ma alcuni Ebrei ai tempi di s. Girolamo divenuti non più dotti, ma più impudenti de' loro padri, miser fuora un figliuolo di uno schiavo di Abramo, e fingendolo autore di questo nobilissimo salmo, con manifesta orribil degra dazione della divina parola fanno, che parli egli stesso, dicendo: Il Signore (Dio) ha detto ad Abramo mio padrone. Ma noi domanderemo a costoro (dice s. Girolamo) come sia avvenuto, che Abramo fosse generato avanti la stella del giorno, e sia stato sacerdote secondo l'ordine di Melchisedecco. Non mancano però dei Rabbini, i quali astretti dalla forza della verità confessano, che del regno e del sacerdozio del Messia si tratta in questo salmo. Sopra di questo luogo abbiamo parlato negli Atti II. 33. ec. v. 31. In quello poi, che si aggiunge: sino a tanto, che io ponga i tuoi nemici sgabello ec. si accenna il pieno, e perfetto assoggettamento de' nemici di Cristo, i quali non sono tutti ancor soggettati, ma caderanno a' piedi di lui, e lo riconosceranno per Dio e Signore, non perchè il dominio amino di lui, ma perchè egli farà di essi la suà volontà, gastigando con pena eterna la lor ribellione.

1,14:Non son eglino tutti ec. Questa interrogazione ci fa intendere, che quello che dice adesso l'Apostolo, era confessato, e tenuto per vero anche dalla Sinagoga. Dopo di avere magnificamente illustrata la dignità, e l'esser di Cristo, espone la condizione comune non di una sola schiera, ma di tutti quanti gli Angeli. Essi sono spiriti eletti al ministero, de' quali è proprio non il sedere al lato di Dio, ma il servire a Dio, e fare la di lui volon tà, Salm. CII. 21. Ministri di Dio e di Cristo mandati di continuo a fare uffici per coloro, i quali sono per acquistare l'eredita della salute, vale a dire, per gli eletti. Quanto grande adunque, anzi quanto immensa si è la distanza tra questi spiriti (benchè si puri, e si nobili) e Cristo assiso alla destra del Padre, coeterno, e consu stanziale al Padre, e sovrano Signore degli uomini, e degli Angeli?

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